Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

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Poletti e referendum contro il Jobs-act

di Maria Mantello

 

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a proposito dei giovani all’estero in cerca di occupazione ha detto: «conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi».

Ma sono gli italiani ad essere stufi di avere tra i piedi i suoi piedi di elefante con cui piroetta sulla testa degli italiani nell’albagia della tronfia sicumera di chi - nonostante la grandinata di No al referendum costituzionale - continua ad esistere come ministro: replicante tra replicanti nel governo replica a marchio Renzi.

Come se nulla fosse successo rieccoli i bulimici “riformatori” che non ne hanno azzeccata una: dalla Scuola al Lavoro alla legge elettorale ... alla Costituzione.

Non si aspettavano che l’Italia si svegliasse.

E forse per questo è nervosetto il signor Poletti, visto che all’orizzonte appare il referendum abrogativo di quel Jobs-act per cui il ministro del lavoro si è tanto speso.

Le firme raccolte dalla CGIL (oltre tre milioni) hanno già passato l’esame della Cassazione, e l’11 gennaio prossimo sarà la Consulta a dover pronunciarsi sull’ammissione dei tre quesiti che chiamano il popolo sovrano ad eliminare i famigerati voucher (buoni lavoro), a ripristinare il principio del reintegro del lavoratore illegittimamente licenziato, a reintrodurre la responsabilità dell’impresa che commissiona appalti ad assicurarsi che la ditta appaltatrice rispetti i diritti dei lavoratori. Insomma il ripristino delle tutele costituzionali del lavoro cassate dal governo Renzi.

Poletti non ci dorme la notte per cercar cavilli per dilazionalo, evitarlo, affossarlo questo referendum, e con lui il circolo renziano, dato il rischio di replica di un’altra grandinata di voti popolari che potrebbe davvero stramazzarli (asfaltarli?).

La propaganda della “democrazia soggetta al mercato” non ha funzionato. La sua soap-opera da scambiare per realtà è implosa. Gli sfruttati si sono moltiplicati e non sono più disposti ad essere la docile macchina che produce ricchezza per i loro sfruttatori.

La trentennale favola della flessibilità[1] spacciata come incremento dell’occupazione è stata il filo nero dell’assalto alla Repubblica fondata sul lavoro, a cui il renzismo ha messo il sigillo finale. arrivando a regalare al padronato lo scalpo dello Statuto dei Lavoratori. Sperava anche in quello della Costituzione, ma sappiamo come è andata.

«Togliamo le garanzie dell’art.18, ma garantiamo la sicurezza ai precari» sproloquiava il principe della rottamazione facendo leva sul divide et impera in guerra generazionale.

La caligine illusionista della bugia del tempo indeterminato senza garanzie contro il licenziamento senza giusta causa e giustificato motivo si è dissolta: nella realtà della precarizzazione generalizzata di tutti, dove i voucher sono diventati nella legalizzata proliferazione renziana il lasciapassare per il ritorno al lavoro schiavo.

Mentre la propaganda di regime li usava ad implemento dei dati statici sull’occupazione,  conteggiando anche chi solo occasionalmente riesce a trovare uno straccio di lavoro a cottimo, che gli fa intascare dopo 8-10 ore di lavoro ininterrotto pochissimi spiccioli.

L’Italia s’è desta. Lorsignori fanno bene ad essere preoccupati.

 

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