Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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Scuola statale: i test INVALSI sono un errore educativo

di Simonetta Salacone

LETTERA APERTA A MARCO ROSSI DORIA "maestro di strada"

Carissimo collega
(mi permetto questa confidenza in nome di una professione , quella docente, che anche io ho svolto con passione e che, credo, dia un senso alla tua presenza, oggi, nel Governo dei tecnici)
come ben sai, sulla scuola italiana, sempre più investita da tagli agli organici, alle risorse finanziarie, ai servizi di supporto; afflitta per il prossimo anno scolastico da dimensionamenti che produrranno “iperistituti” con numeri mostruosi di plessi e sezioni staccate; sempre più tormentata dalla precarietà dei docenti; oberata da compiti di amministrazione e gestione impropri, in nome di un’autonomia che, senza risorse, si è ridotta ad un “fai da te” dei poveri…su questa scuola umiliata, offesa, accusata di inefficienza anche quando riesce a dare prestazioni di qualità in situazioni di deserti culturali e sociali….si sta per abbattere di nuovo il tormentone delle prove dell‘INVALSI.
Il Ministero si ostina ad ignorare il disagio e la resistenza che gran parte dei docenti, spesso quella più qualificata e motivata, esprime da anni verso un progetto che l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Scolastico Italiano intende effettuare con prove (per lo più test a risposta chiusa) a cui quest’anno verranno sottoposti, fra il 9 e il 16 maggio, tutti gli alunni delle classi I e V della Primaria, delle classi I della Secondaria di primo grado e delle classi II della Secondaria di secondo grado.
Le prove , come nei precedenti anni scolastici, verranno somministrate con modalità identiche su tutto il territorio nazionale, a prescindere dai contesti socio – culturali, dalla composizione delle classi, dai programmi effettivamente svolti, dai sistemi di valutazione adottati dai Collegi dei docenti e dai Consigli di classe.
La valutazione è tema delicato che non si può affrontare in maniera parziale e senza una interlocuzione continua e approfondita con i docenti che nelle scuole operano .
I Collegi sanno ben distinguere la valutazione formativa, che si svolge lungo tutto il percorso annuale, da quella finale o sommativa.
Sanno che il “valore aggiunto” di una scuola non si misura solo attraverso i risultati ottenuti in termini di abilità da tutti gli alunni, in un certo momento dell’anno, ma anche attraverso i percorsi realizzati per non perdere i soggetti più fragili e attraverso la capacità che i docenti esprimono di leggere i bisogni educativi dei singoli alunni e di sostenerne lo sviluppo complessivo della personalità.
Le “buone” scuole sanno che spetta loro anche il compito di essere luoghi significativi per le esigenze culturali dei territori, soprattutto di quelli più a rischio di povertà e disagio sociale e sanno che devono aprirsi alle proposte e alle richieste di formazione che ne provengono.
Molti Collegi e singoli docenti hanno espresso queste e altre critiche competenti all’impianto della ricerca INVALSI e hanno messo in discussione le finalità che tutta l’operazione sembra volere raggiungere: quella cioè di rilevare il “valore aggiunto” che ogni singola scuola è in grado di realizzare e premiare , su questa base, le scuole migliori.
Si tace, invece, della necessità di intervenire a supportare le situazioni già oggi individuabili come quelle più critiche e che si aggravano proprio per i tagli, l’impoverimento e la marginalizzazione che la Scuola sta subendo nel nostro Paese.

Mi rivolgo a te, che come “maestro di strada” sai quanto sia importante intercettare, attraverso relazioni educative significative e positive, tutti gli alunni, soprattutto quelli più fragili, per formulare alcune semplici domande.
Attraverso i risultati ottenuti nei test INVALSI come si potranno misurare gli esiti educativi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse del tutto insufficienti, a motivare alla frequenza anche gli alunni più deprivati, prevenendo abbandoni e ritardi scolastici?
Come si valuteranno quei Collegi che riescono ad integrare alunni migranti da poco arrivati nel nostro Paese, anche senza potere fruire di tempi di docenza aggiuntivi per percorsi individualizzati o per la predisposizione di attività di laboratorio?
Come si potrà evitare che la somministrazione dei test produca frustrazione negli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, spesso non diagnosticati, ai quali si è soliti dare più tempo e per i quali si creano, nell’attività didattica quotidiana, situazioni non ansiogene affinché affrontino i percorsi di verifica con sufficiente serenità?
Come si potrà salvaguardare, con l’unico strumento “test”, la naturale (e positiva!) divergenza che soprattutto gli alunni più piccoli dimostrano di fronte a domande e problemi posti?
Non ti sembra che il test non sia lo strumento più adeguato per riutilizzare in maniera didatticamente proficua l’errore, tanto più quando viene presentato agli alunni come prova unica, da affrontare individualmente e in tempi definiti.? ( Ai nostri alunni di solito diciamo: “Pensaci bene! Prenditi tutto il tempo che ci vuole! Non tirare ad indovinare! “ Poi valuteremo insieme se e dove hai sbagliato!”Addestrandoli all’utilizzo individuale e “a tempo” dei test siamo invece costretti a dire: “Svelto! Rispondi comunque! Hai sempre una probabilità su tre o quattro di azzeccare la risposta giusta! Ognuno pensi a sé!” )
Il test, insomma, non è strumento efficace né per misurare gli aspetti di complessità di una comunità educativa , né per verificare l’effettivo consolidamento di conoscenze e competenze raggiunto da tutti gli alunni, nessuno escluso, pur se nella infinita gamma dei casi singoli .
Il test resta perciò uno strumento parziale di verifica, da utilizzare con parsimonia e insieme ad altre prove e narrazioni di situazioni.
Quindi, i test dell’INVALSI possono essere uno strumento, fra gli altri, messo a disposizione delle scuole, per autovalutarsi e possono contribuire alla valutazione complessiva del sistema di istruzione italiano, purché accompagnati da altre rilevazioni e, soprattutto, contestualizzati.
Difficilmente si potrà ottenere la collaborazione attiva e convinta dei docenti attraverso il rifiuto dell’ascolto delle loro contestazioni (molto più diffuse di quanto il Ministero non avverta!) e attraverso l’imposizione o addirittura le minacce , come sta avvenendo, da parte di alcuni dirigenti scolastici, di denuncia per omissioni di atti d’ufficio dei docenti che non somministreranno le prove nelle forme e nei modi prescritti dalle istruzioni dell’INVALSI.
Il Senato ha acquisito come odg una petizione con migliaia di firme di docenti e genitori che chiede di conservare al percorso INVALSI la caratteristica della ricerca, da realizzarsi, quindi, su di un campione statistico di scuole (come avviene nel resto dell’Europa) e di rendere volontaria l’adesione delle scuole.
Ti prego di voler suggerire al Ministro che tale strada è la più coerente con le finalità che il Ministero ha affidato all’INVALSI e, soprattutto, che questa modalità proverebbe che questa Amministrazione è rispettosa, più di quella precedente, della professionalità e della competenza dei docenti.


Simonetta Salacone (già Dirigente scolastica della Scuola”Iqbal Masih” di Roma)


 

























Stamattina mi sono alzato ("...o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao...") alle 5:15, a Firenze, da un letto di ferrotel dopo una notte insonne a causa di un fastidioso rumore probabilmente in sincrono con la mia presenza lì.
Rosetta (della mensa, della sera prima) e marmellata (del vicino negozio alimentari) chè bar aperti nemmeno a dirne, a quell'ora.
Caffè "automatico" e via all'Osmannoro.
Dall'auto che ci traghettava nell'Ade, si rimirava una Firenze sonnacchiosa e bruttina, e piovosa, non quella lustra delle cartoline.
Dentro sto' catorcio musica a palla. Avrei voluto chiedere un cincinin di Mozart ma pensavo già all'altrui "buuh allo snob" ed ho desistito, tetragono allo scorno, ed alla plebaglia indifferente.
Oggi, tuttavia, è un giorno doppiamente speciale, nel senso che oggi, a condurre il treno eravamo in due macchinisti, cosa rara quanto un sorriso di Moretti che non sia stato ghigno per polpetta al cumino ingerita o ferroviere oltraggiato o, peggio, "Viareggio" vilipesa.
Ed allora, come non succede oramai più, io ed il mio "socio di giornata" ci siamo ubriacati di parole, mentre i segnali verdi della linea ci passavano ai fianchi come sinuose leghiste, sirene omaggianti pel nostro diletto.
Giunto a Livorno (lo dico innanzitutto a quanti di voi sparlano - ben titillati da certa stampa - sull'orario di lavoro dei macchinisti: oggi è stata una giornata particolare, breve poichè festiva, ma domani si ricomincia alla grande!) vado subito a comprare un mix di pastarelle mignon per festeggiare la Resistenza.
A casa preparo il pane (il pane!), tutto biologico e pastamadre, poi mi preparo per la prima edizione della "Corsa di Resistenza", 15,14 Km. Il tutto parte dalla piazza della Vittoria (mi sento un abituè) di fronte. Attraverso mezza città e giungo nella campagna di periferia, sulla via Emilia. ....
E' una magnifica giornata di sole sulla costa, corroborata da un venticello niente male che stuzzica l'appetito e conforta dalla fatica della corsa. A chi incrocio rivolgo il pugno chiuso, alzato, alla Sollier per intenderci. Ne ricevo mugugni o mezzi bofonchi tipo "vaffa" o giù di lì.
A metà strada è tempo di ritornare sui propri passi e giungo, quindi, ancora in piazza della Vittoria, ma qui il programma prevede di andare oltre.
Così mi spingo fino al vicino monumento ai Partigiani Livornesi Caduti.
E' un attimo. Fermo me ed il mio Garmin (e forse anche il cuore, con vantaggio per la respirazione che sembrava irrimediabilmente perduta!), e mi ricompongo alla bell'e meglio: mi tiro giù le maniche, m'asciugo il sudore, tralascio i capelli - di cui ostento la "terra" che è stata, per loro, lieve - e mi blocco. La mano destra al cuore, il pugno (il solito) alzato e lo sguardo alla modesta e sobria (s'usava già così, caro mario) lapide che ritrae, in bassorilievo, un Partigiano con cartucciera e fucile. Poi, con l'altra mano bacio su "...non morrete mai...", una volta (sobrietà ostentata), sguardo fisso che penetra l'immagine che mi sta davanti onde ipotizzare un dolore lontano grazie al quale noi, ora, siamo qui a scrivere in libertà qualsiasi cosa ci passi per la mente.
A pochi passi da me, su d'una panchina assolata, due avvinazzati scrutano il mio Garmin (a me così è sembrato...) per farne trofeo, di lì a poco, o merce di scambio per qualcosa che non oso immaginare. Fiuto l'inghippo e scatto per il rush finale, salutando il Partigiano che da là mi osserva, forse compiaciuto.
Rieccomi in piazza della Vittoria, e taglio il traguardo. Primo. Ero l'unico a gareggiare.
A casa - abito lì, ve l'ho già detto - frizzo per raccontare tutto a Piera, che mi guarda, bellissima, e alla fine del racconto mi fa:
"Dai, lavati chè ti porto al mare".
Bella vita, eh?
Statevi bbbbene e bbbbuon 25 aprile

 



 

Direttore Responsabile: Maria Mantello 

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