Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

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IL LICEO CLASSICO SOTTO ATTACCO
di Alvaro Belardinelli


L’Italia affonda, e per risollevarla qualcuno pensa bene di affondare la Scuola pubblica (=statale). L’ultimo attacco è infatti recentissimo e devastante, e trasformerà il Liceo Classico in un gran calderone in cui tutti potranno insegnare tutto. Aggirando deliberatamente la normativa vigente, il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca), con una semplice Nota Ministeriale (la n. 272 del 14 marzo 2011) ha “riordinato” le classi di concorso, cioè i criteri di assegnazione degli Insegnanti alle diverse materie nelle Scuole Superiori, in base alle abilitazioni possedute. Operazione che potrebbe parere lecita, se non contenesse un’amara sorpresa: i Docenti della classe di concorso A052 (“Materie letterarie, latino e greco nel liceo classico”) verranno sempre più relegati all’insegnamento del solo greco. Infatti, ad insegnare le altre materie letterarie, d’ora in poi verranno ammessi nel Ginnasio anche i Docenti di Lettere che non possiedono l’abilitazione all’insegnamento del greco; ossia quelli della classe A051 (“Materie letterarie e latino nei licei e nell'istituto magistrale”), pesantemente falcidiata dai tagli spacciati per “riforma” della Scuola pubblica. Per risolvere il problema dei tanti soprannumerari della A051 (moltiplicati dalla feroce diminuzione di ore in materie fondamentali come italiano e latino), il MIUR ha ordito la consueta operazione aritmetica, semplicemente spalmando sul Liceo Classico gli Insegnanti non abilitati per il Ginnasio, in concorrenza con quelli della A052, i quali posseggono invece il titolo di studio e l’abilitazione prevista. Alla faccia della neologistica “premialità” e della “meritocrazia” tanto care al Governo!
Ci sono valide motivazioni didattiche per cui il legislatore aveva posto paletti precisi per l’accesso agli insegnamenti delle materie letterarie nelle Scuole Superiori. Il Decreto Ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 aveva stabilito che, per insegnare le discipline della classe di concorso A050 (“Materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado”, ossia italiano e storia negli Istituti Tecnici e Professionali) non fosse necessario superare una ulteriore prova concorsuale, scritta e orale, di lingua e letteratura latina; prova obbligatoria, invece, per i candidati alla classe A051, destinati ad insegnare anche latino, oltre che italiano, in tutti i Licei, ma non nel biennio ginnasiale. Per il Ginnasio, infatti, l’insegnamento delle lingue classiche (nonché della civiltà antica e della sua continuità con la cultura italiana ed europea) era affidato agli abilitati della classe di concorso A052: gli unici ad aver sostenuto, oltre alla prova di latino, anche quella di lingua e letteratura greca, scritta e orale. La prova scritta, decisamente specializzante, consisteva in una traduzione di un testo greco classico in latino. Questa scelta del legislatore era dovuta all’intento di affidare gli alunni del Ginnasio ad un Docente che potesse fornire loro una visione complessiva del mondo classico, in continuità con la cultura medievale, rinascimentale, moderna e contemporanea.
Entrando a gamba tesa in una normativa così chiaramente definita, il MIUR determinerà ora la consueta guerra fra poveri. I Docenti della A050 perdenti posto a causa dei tagli potranno andare a coprire, insegnando anche nei Licei, posti spettanti ai colleghi della A051; i quali, a loro volta, potranno svolgere mansioni destinate agli Insegnanti della A052. A questi ultimi, quindi, la sorte peggiore, perché si vedranno relegati ad insegnare solo greco, perdendo posti di lavoro e dignità di fronte agli alunni e alle loro famiglie. Il greco, oramai emarginato, sarà sempre più visto dall’opinione pubblica come una disciplina inutile, noiosa, eliminabile senza rimpianti. Anche perché, ferita a morte l’impostazione didattica unitaria con il latino e con le altre materie letterarie (prima affidate ad un unico Docente), sarà obiettivamente impossibile insegnare il greco in modo efficace, coinvolgente e convincente. Già gli effetti della frammentazione delle cattedre si vedono nelle Quarte ginnasiali, i cui studenti sono quest’anno più disorientati che mai, inzeppati in classi-pollaio da trenta alunni!
È necessaria a questo punto una precisazione: i Docenti della A052 non sono “migliori” o “più intelligenti”, né “più colti” o “più preparati” di quelli della A051 o della A050; semplicemente, hanno preparazioni, specializzazioni, titoli differenti. Dove, se non nella Scuola, è opportuno impiegare Docenti specificamente preparati per ciascun indirizzo scolastico? Non è così, d’altronde, per ogni altro settore lavorativo?
Ben due interpellanze parlamentari hanno contestato il provvedimento: la prima (a maggio 2010) ebbe buon esito, perché valse a far ritirare il provvedimento; la seconda, invece, incredibilmente, non ha praticamente avuto riscontro. Ora bisogna dunque mobilitarsi perché il provvedimento non sia tramutato in legge. Altrimenti noi Italiani assisteremo ad un’ennesima assurdità: i nostri Docenti di lettere più specializzati, quelli che hanno sostenuto più esami per accedere all’insegnamento, perderanno via via il posto di lavoro, soppiantati da Docenti certo preparati, ma non specializzati per la docenza nel Liceo Classico. Gli alunni del Ginnasio potrebbero così sentirsi spiegare la costituzione degli Ateniesi da un Docente preparato sì in storia greca, ma che non conosce a fondo la lingua degli Elleni, né quindi tutte le sfumature inerenti al loro pensiero; lingua e pensiero fondamentali, perché radice dei nostri. Potrebbe accadere che i presupposti storici e culturali del pensiero filosofico presocratico siano spiegati da un Insegnante pur bravo, ma laureatosi con tesi su Filippo Tommaso Marinetti. Insomma, sta per succedere nella Scuola quanto succederebbe nei trasporti se, per assurdo, il Governo decidesse di revocare le licenze ai tassisti per metterli a guidare i treni: che cosa direbbero i ferrovieri perdenti posto? E i passeggeri sarebbero al sicuro?
Così viene minato nelle fondamenta il Liceo Classico: la Scuola Superiore che finora ha sempre fornito ad ogni facoltà universitaria i migliori studenti d’Italia, quelli che i Paesi più evoluti del nostro facevano a gara per accaparrarsi. Giovanni Gentile si rigira inquieto nella tomba: il tradimento della filosofia che fu alla base del suo ordinamento scolastico non viene perpetrato da feroci comunisti armati di falce e martello, ma dal governo dei nipotini del Duce. E questo loro tradimento non è certo originato dal desiderio di superare il classismo insito nella riforma Gentile (che aveva, per dirla con Antonio Gramsci, “il grave torto di separare la scienza dalla tecnica, il lavoro intellettuale da quello manuale”). D’altronde i tanti di “sinistra” che, dal canto loro, vorrebbero abolire il Liceo Classico nel nome di Gramsci, fingono (?) di non sapere che per Gramsci la Scuola e lo studio approfondito erano comunque una cosa seria, uno strumento di elevazione sociale proprio per le classi meno abbienti. Dunque l’attuale stravolgimento del Liceo classico, come di tutta la Scuola pubblica, è finalizzato semmai all’aumento delle differenze di classe.
Difatti negli ultimi quarant’anni molti figli di gente umile hanno ricevuto proprio dal Liceo Classico gli strumenti culturali per elevarsi socialmente. La scuola brunetta-gelmin-tremontizzata limita fortemente questa possibilità di crescita, anche perché il Liceo Classico già da ora non è più riconoscibile: al Ginnasio è stato tolto un quinto del monte ore di italiano; soppressa la metà della ore di geografia, la quale è stata accorpata alla storia in un monstrum didattico (che qualcuno ironicamente ribattezza “stografia”); distrutte le cattedre di lettere, motivo per cui le classi ginnasiali si ritrovano spesso un Docente per italiano, uno per latino, uno per greco, uno per storia/geografia; la continuità didattica è un ricordo lontano, perché ogni anno i Docenti cambieranno, pur di garantire cattedre a diciotto ore e risparmi all’erario. Oltre a tutto ciò, come abbiamo visto, presto i Docenti della A052 insegneranno solo greco in tante classi affollate e diverse, buttando al vento le professionalità acquisite per decenni sulle altre materie letterarie. Per di più, una volta ghettizzato, l’insegnamento del greco sarà sempre meno efficace, venendo a mancare sempre più l’unitarietà della visione e del metodo del Docente. A quel punto, immancabili, arriveranno le saccenti avances degli “esperti” di turno, pronti a proporre l’abolizione dell’“inutile” greco che tormenta i poveri studenti (per consigliarne magari la sostituzione con il cinese!); e il cerchio si chiuderà. Il Liceo Classico non esisterà più, a tutto vantaggio di chi una società culturalmente più evoluta proprio non la vuole. L’Italia, da secoli culla degli studi classici, tornerà al tempo dei Longobardi, quando nessuno conosceva più il greco, e pochissimi (chierici e nobili) il latino. D’altra parte, al governo della nazione non ci sono alcuni che dai Longobardi si vantano di discendere?
Eppure l’opinione pubblica non vede tutto ciò, o finge di non vederlo. I Docenti della A052 devono combattere una battaglia molto difficile, con il rischio che li si accusi di complesso di superiorità nei confronti di chi non insegna greco. Tuttavia la superbia non ha nulla a che fare con le loro rivendicazioni; semplicemente, essi ritengono giusto che ognuno insegni ciò per cui ha una competenza certificata. Del resto, è forse lecito che un paziente venga operato al cuore da un bravissimo ortopedico? La triste verità è che si profila l’avverarsi di un altro sogno della loggia massonica P2 (tra i tanti avveratisi negli ultimi anni): l’abolizione del valore legale dei titoli di studio. Il non riconoscere i diritti degli Insegnanti significa questo.
Certo, è molto difficile che l’Italia di oggi, distratta dagli artificiali paradisi televisivi in cui è immersa, s’impegni nel difendere la Scuola Statale dall’autentica Soluzione Finale verso cui sembra avviata. Dobbiamo dunque rassegnarci alla definitiva espulsione dalla Scuola di migliaia di precari preparati e meritevoli, colpevoli di aver creduto che il desiderio di diffondere la propria cultura avrebbe offerto loro una professione e una dignità?
L’unica speranza è che l’opinione pubblica democratica si scuota dal proprio torpore, che i cittadini di buona volontà difendano i diritti di chi chiede semplicemente di svolgere le mansioni per cui ha competenze certificate. In fondo, si tratterebbe di una battaglia di civiltà. Gli Italiani dovrebbero finalmente comprendere che il livellamento culturale in basso del lessico e delle competenze non è istruzione d’eccellenza, ma distruzione del futuro della nazione.
Bisogna rispedire al mittente i tagli e lo smantellamento della Scuola Statale, ipocritamente mascherato da riforma. Riusciranno i Docenti a difendere se stessi e la Scuola di tutti, senza lasciarsi dividere da chi cerca di metterli gli uni contro gli altri? E gli Italiani mostreranno di aver compreso l’importanza della Scuola per il proprio avvenire? Ai posteri l’ardua sentenza.




 

Direttore Responsabile: Maria Mantello 

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