Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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BIOETICA E LIBERTA' DI RICERCA

intervista al prof. Gilberto Corbellini, membro del Comitato nazionale di bioetica

di Carlo Buffoli

Ha ancora senso parlare di bioetica?

Sono trascorsi quasi quarant'anni dall'invenzione del termine bioetica (1970) e forse è il caso di domandarsi se questa ‘scienza' ha davvero aumentato gli spazi di libertà per i cittadini che si trovano a prendere decisioni in materia di vita e morte, salute e malattia. La risposta è senz'altro ‘sì' in alcuni Paesi e non in altri. Nei Paesi di tradizione anglosassone e nordeuropei la bioetica è servita a dar voce a istanze di autonomia e autodeterminazione, pur tenendo conto delle paure per una scienza e una tecnologia sempre più efficaci nella comprensione e manipolazione dei processi e meccanismi biologici. La bioetica ha valorizzato da un lato il valore del pluralismo etico e motivato eticamente l'esigenza di dare un fondamento giuridico al rispetto dell'autodeterminazione del paziente (consenso informato), mentre allo stesso tempo ha consentito alla politica e al diritto di aprirsi alle sfide culturali lanciate dai progressi della biomedicina.

Come si è sviluppata la bioetica?

Inizialmente si è ritenuto che per svolgere questa funzione di ‘ponte' tra scienza e società la bioetica potesse servirsi dei comitati etici, sia a livello di enti di ricerca sia come organi di consulenza per le istituzioni politiche. Mentre in tutti i Paesi si sono sviluppati i comitati etici presso gli enti di ricerca e gli ospedali, non dappertutto si è scelto di creare comitati nazionali di bioetica. La Gran Bretagna, per esempio, ha creato autorithy e commissioni che affrontano via via argomenti specifici, con lo scopo principalmente di costruire un consenso pubblico intorno alla scelta eticamente più valida. La maggior parte dei Paesi occidentali che hanno dei comitati nazionali per la bioetica muovono in questa stessa direzione. Questi comitati cercano cioè di diventare soprattutto uno strumento per i cittadini, perché solo se i cittadini sono informati e ascoltati anche la politica riesce a ‘sintonizzarsi' meglio.

E in Italia, come la mettiamo?

Quello che sta accadendo negli altri Paesi non succede da noi, dove la bioetica e il Comitato Nazionale per la Bioetica sono in qualche modo considerati un appalto della Chiesa Cattolica, che però deve concedere qualche spazio ad alcuni laici ‘rompiscatole'. A considerarli rompiscatole sono per primi i leader politici, che vorrebbero che certi problemi non esistessero, così da spartirsi con la Chiesa il prodotto interno lordo del Paese. Non è un caso che in Italia il governo delle materie bioetiche sia degenerato dopo il crollo della Democrazia Cristiana, quando la Chiesa Cattolica ha potuto scorrazzare liberamente tra i partiti, contrattando favori e convenienze. Di fatto le leggi di bioetica, in particolare la legge 40 sulla fecondazione assistita che taglia fuori la ricerca biomedica italiana da una serie di settori di frontiera, è stata un capolavoro di manipolazione del Parlamento. Difficile immaginare qualcosa del genere altrove, a parte le aree a influenza islamica.

Qualcuno potrebbe farle notare che il Vaticano fa il suo mestiere….

Esatto, la Chiesa non è un'associazione filantropica o un dopolavoro, ma un'istituzione che da diverse centinaia di anni opera, usando strumenti privilegiati di propaganda, per conquistare e gestire anche potere politico ed economico. Il problema vero è la povertà culturale dell'attuale classe politica: povertà in termini di cultura filosofica e giuridica, povertà a livello di capacità di comprendere le sfide scientifiche ed economiche; soprattutto a livello dei legami tra queste.

La crisi del Comitato Nazionale nasce da questa premessa?

Le difficoltà sono il frutto dell'inadeguatezza dello statuto di questo comitato, e quindi delle sue funzioni a fronte del complicarsi dei problemi, nonché dell'anomalo peso della Chiesa. Il Cnb andrebbe probabilmente abolito e sostituito con una authority, oppure ridisegnato nelle sue funzioni per fare in modo che possa svolgere un lavoro conoscitivo e di promozione del dibattito utile per il Paese. Attualmente è un luogo di sterili mediazioni: qualsiasi raro compromesso che viene raggiunto non ha alcun rilievo nell'ambito dell'azione politica volta ad affrontare i problemi che sollevano controversie bioetiche. Talvolta capita di fare discussioni anche stimolanti, quando si confrontano persone competenti: ma il più delle volte sono imbarazzanti per il livello di impreparazione e disinformazione di alcuni componenti che siedono nel Comitato.

Ma allora a cosa serve parlare di bioetica in Italia?

Ormai la bioetica in Italia viene utilizzata solo allo scopo di perseguire disegni politici e di potere che, per avere successo, devono passare attraverso la censura e il divieto della libertà di ricerca scientifica. Da quando esiste, cioè circa quattro secoli, la scienza è penalizzata nei regimi autoritari e nei sistemi sociali integralisti, perché è fonte di pensiero critico e amplia, promuovendo la tecnologia, gli spazi di libertà di scelta e l'intraprendenza delle persone. Purtroppo da anni, in Italia, è strategico vietare o limitare la libertà di ricerca scientifica anche per evitare quel sano ricambio che caratterizza i sistemi di governo dei Paesi con le economie tecnologicamente più avanzate. Purtroppo non vengono segnali, da qualsiasi parte politica, che incoraggino a investire energie intellettuali per il futuro di questo Paese. Hanno ragione i giovani ricercatori che se ne vanno, visto che in Italia, grazie ai ricatti politici dei cattolici integralisti e degli ambientalisti fondamentalisti, e alla connivenza di sedicenti riformisti in realtà pavidi e privi di idee, la ricerca scientifica nei settori di frontiera della biologia e della medicina non si può fare.

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