Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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CROCIATE CLERICALI IN UNA SOCIETA' SECOLARIZZATA

di Riccardo Scarpa

 

È ormai un’ipocrisia consolidata far finta di non vedere che il nucleo centrale del «politicamente corretto», nell’Italia d’oggi, è costituito dal ruolo del Papa e della Curia Romana. La società italiana si va secolarizzando nei costumi, ma Papa, Cardinali e Vescovi latini godono d’un sacrale timore reverenziale. Non si spiegherebbe altrimenti il silenzio dei mezzi di comunicazione sulla costituzione della Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni, coordinata da Mario di Carlo, sorta su impulso anche di sodalizî storici, come l’Associazione Nazionale del Libero Pensiero «Giordano Bruno», aderente all’Union Mondiale des Libres Penseurs ed all’ International Humanist and Ethical Union, e sul convegno promosso dalla stessa, i giorni scorsi, sulla laicità dello Stato in Italia, presieduto e moderato da Mario Alighiero Manacorda, con la partecipazione d’un lucido giurista come Sergio Lariccia, di un teologo liberale come il valdese Daniele Garrone, di una pedagoga come Atonia Baraldi Sani e di un polemista arguto come Piergiorgio Donatelli. È passata solo qualche notiziola sulle pagine cittadina, il resto silenzio. Come nei dibattiti televisivi, si notava in quella sede, dove gli esponenti politici e non solo, in questi anni d’informazione «gridata», sembrano letteralmente scannarsi e sbranarsi, ma quando prende la parola un prelato della gerarchia romana tutti s’azzittiscono, presi da tremore reverenziale. Almeno una delle ragioni di fondo è stata individuata da Federico Orlando, l’ormai vecchio giornalista liberale, oggi sconsolato vicedirettore dell’ «Europa» margheritina, nella sua relazione: «I politici in ginocchio». Titolo montanelliano d’ascendenza longanosiana. In questa decadenza della Repubblica, il personale politico ha perso il riferimento a robuste concezioni etico civili, se si vuole a forti ideologie e, rimastone orfano, si è buttato in ginocchio davanti la Curia Romana, che gli fornisce un orientamento dogmatico definito. Federico Orlando è stato lucidamente spietato nel disegnare la condizione della Margherita. Ha dichiarato di aver accettato la vice direzione del suo organo di stampa nel presupposto che fosse un raggruppamento eterogeneo, ma in cui un liberale avrebbe potuto gettare qualche seme. Invece si sta dissolvendo in un’armata Brancaleone in cui campeggia, come unica forza, quasi una sorta di Compagnia della morte, lo squadrone, duramente integralista ed illiberale, dei Teo Dem. Per quanto concerne il costituendo Partito Democratico, esso si sta fondando sull’accoppiamento di questi Teo Dem coi Democratici di Sinistra. Vergognosi delle proprie origini totalitarie, essi si prostrano, baciando la pantofola del Papa, per essere presi, poi, da conati secolaristici tardivi. Come Veltroni, che prima dedica, strafregandosene delle competenze tra Comune, Stato, demanio ferroviario etc., la Stazione Termini a Giovanni Paolo II; poi, di fronte a reazioni di una popolazione in gran parte laica, precisa d’avere apposto una lapide e non titolato lo scalo; ed infine, per l’effetto, da vero apprendista stregone, si becca la reprimenda dell’Osservatore Romano. Visto che ha conciato così i «suoi», i nostri cari della Destra debbono pur riflettere sulle osservazioni di Federico Orlando che riguardano loro, quando, acutamente, rileva come l’adesione pedissequa agli indirizzi della Gerarchia autoritaria di Curia s’accoppî, perfettamente, con un vuoto di principî e di collante politico morale, coperto solo da un richiamo diretto alla presa del Capo sul popolo, che ricorda le teorie dei costituzionalisti della Repubblica Sociale Italiana. Questa è la fotografia dell’Italia, ormai dominata da una Gerarchia ecclesistica che ha perdonato tutti i passati ideologici, ma non ha mai assolto il liberalismo, individuando nella crociana Religione della Libertà il suo vero nemico dottrinario e pratico. Mi si consenta solo una breve chiosa: Benedetto Croce è il pensatore della Religione della Libertà e del «non possiamo non dirci Cristiani». Quello che, però, emerge, da relazioni quali quella di Piergiorgio Donatelli o di Daniele Garrone, ed anche dal sintetico intervento di Dom Giovanni Franzoni, è che la Curia Romana, nel suo diuturno attacco ad ogni concezione liberale, ha sferrato una decisa crociata anticristiana. Tutta la propria filosofia del diritto, dello Stato, della società e della natura, infatti, è in radice contro lo spirito evangelico ed apostolico, il retaggio dei Santi Padri. Si pensi alla sua concezione della vita, rilevata dalle polemiche sull’eutanasia. Il Cristianesimo si pone nel mondo ellenistico e romano senza opporsi ad un ordinamento e ad un etica stoica le quali ritengono che la salus rei publicæ possa esigere la soppressione della vita fisica e la persona debba accettarla. L’accettano anche contro sé, tanto da suscitare la costernata indignazione di Marco Aurelio che accusa i cristiani di vera tanatofilia, al contrario degli Stoici, che si limitano a darsi una ragione dell’eventuale ineluttabilità. Questo in quanto il problema del cristiano non è polemizzare contro un ordinamento giuridico che, poniamo, consenta l’eutanasia, ma l’acquisizione consapevole dell’a-tanasia, cioè dell’illusorietà, inesistenza della morte. Ciò nella certezza che, sui varî piani, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma, e v’è solo un cambiamento di stato, un perenne rinnovarsi nello Spirito attingendo, in ciò, all’eterno, che non è il pleroma dei secoli, ma un’altra dimensione. È ributtante, per un cristiano, la notizia, di questi giorni, della morte anagrafica di Beniamino Andreatta, già ministro, in come irreversibile da diversi anni. Un corpo fisico di cui, per lunghi anni, s’è prolungata la durata coesiva, con metodi più sofisticati della mummificazione egizia, per cercare d’impedire la libertà di quello Spirito del quale quel corpo avrebbe dovuto essere il Tempio, non il carcere e tanto meno la sala di tortura dell’Inquisizione. Così, l’impegno nell’impedire allo Stato di determinarsi sovrano nel diritto di famiglia confonde tra Cesare e Cristo, tra somministrazione d’un sacramento e regolamentazione statale d’una istituzione sociale.

Riccardo Scarpa

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