Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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L’Italia divisa tra laici e laicisti di Miriam Mafai

(www.repubblica.it)

 

CHI sono i laici, e chi sono i cosiddetti «laicisti» nel nostro paese? La domanda mi viene spontanea dopo aver letto l’intervista con la quale la senatrice Anna Serafini, dei Ds, mette in guardia il centrosinistra dal pericolo di scivolare nel «laicismo», con il rischio di provocare una (<lacerazione della nostra società». Laici sì. laicisti no. Ma come distinguere gli uni dagli altri? Qualche giorno fa, ho molto apprezzato la presenza del senatore Ignazio Marino ai funerali di Piergiorgio Welby e l’impegno che in quella sede ha pubblicamente confermato di voler portare avanti, fino al positivo esito, il dibattito già in corso nella commissione Sanità, sul tema del «testamento biologico». Il problema, ricorda lo stesso Marino, non è di oggi.

LE PRIME pronunce relative al diritto di morire con dignità riconoscendo legittima la volontà del soggetto sono state emesse negli Usa più di trent’anni fa, e anche nel nostro paese è ormai cresciuta la richiesta dei cittadini di poter esprimere in piena lucidità le proprie scelte da realizzare nel momento del trapasso. Era questo che Welby chiedeva in piena lucidità. Ma questa legge in Italia non c’è e per ottenerla bisognerà superare molte difficoltà e riserve delle gerarchie cattoliche. E dunque, il senatore Marino che su questo fronte è impegnato, va iscritto tra i laici o tra i laicisti?

Lo stesso senatore Marino ha condiviso e sostenuto la decisione presa dal ministro Fabio Mussi in sede europea a favore della ricerca sulle linee cellulari di staminali embrionali esistenti, e a favore della ricerca sugli embrioni attualmente congelati e abbandonati, una volta accertato il momento in cui gli stessi embrioni perdono la capacità riproduttiva. Anche in questo caso è legittima la domanda: il ministro Mussi è laico o laicista?

Il senatore Marino è un cattolico. Un cattolico laico, come ne abbiamo conosciuti molti nella storia della nostra Repubblica (anche in momenti di grande tensione e problematicità) e come ne conosciamo ancora molti. Laici e quindi disponibili al dibattito, al confronto, anche al compromesso che, in politica, è un passaggio non solo inevitabile, ma anche augurabile per raggiungere soluzioni condivise. Non solo quando siano in discussione materie che definiamo «eticamente sensibili».

Onestamente, non ho capi-

to le preoccupazioni espresse ieri dalla senatrice Anna Serafini quando ci metteva in guardia dal pericolo di un presunto «laicismo». E non capisco bene, in verità, nemmeno cosa si intenda per «laicismo». In Italia nessuno ha proposto o propone, come è accaduto in Francia (ma ogni paese ha la sua storia) la esclusione dalla sfera pubblica di ogni forma e manifestazione della propria fede religiosa. In ltalia siamo di fronte al fenomeno contrario. Se la religione cattolica, con il Concordato del 1984, non è più la sola religione dello Stato, la complessiva debolezza della politica consente, ormai da anni, una progressiva invadenza delle gerarchie e del Pontefice in prima persona su tutti i temi di pubblico interesse e materia di dibattito e decisioni politiche. Che si tratti di aborto o di procreazione assistita, di malattia o di autodeterminazione del paziente, della ricerca scientifica o dei diritti delle coppie di fatto e degli omosessuali. Tutti temi che definiamo «eticamente sensibili» e sui quali nessuno nega, naturalmente, alla Chiesa di esprimere le sue opinioni (e le sue preoccupazioni). Ma ciò che colpisce è la violenza e la mancanza di pietà di alcune affermazioni e la pretesa che la politica si pieghi alle sue richieste. Una pretesa che viene rivolta in modo specifico e particolare all’Italia ed alle sue assemblee rappresentative, cui si nega o si pretende di negare il diritto di legiferare liberamente su una serie di materie.

A questa situazione faceva riferimento mercoledi scorso un passaggio dell’articolo di fondo di Eugenio Scalfari, quando chiedeva al presidente Prodi di inserire tra i suoi impegni urgenti «la difesa della laicità delle istituzioni senza cedimenti intollerabili alle pretese della lobby della Conferenza Episcopale». Eugenio Scalfari è certamente un laico. Non so se possa essere collocato tra i «laicisti». Ameno di non voler collocare tra i «laicisti» non solo il Conte di Cavour che voleva «una libera Chiesa in libero Stato», ma anche Enzo Bianchi, priore di Bose, che recentemente metteva in guardia il clero interventista dalla tentazione di occupare il vuoto lasciato dalla politica, ammonendo: «Non spetta alle figure ecclesiali della gerarchia entrare nella tecnica, nella economia e nella politica per trovarvi specifiche soluzioni».

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