Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

Pierre Hadot, Ricordati di vivere. Goethe e la tradizione degli esercizi spirituali

Cortina, pp. 174, € 19.50

 

«Memento mori! / perché dovrei, in una vita così breve, / tormentarmi?»: Johan Wolfgang Goethe, in una stupenda poesia intitolata Genio librantesi sopra la terra,  tesse un inno alla vita, mostrando i limiti di una cultura dominata dal pensiero della morte. «Perciò, come un vecchio barbogio, / docendo ti raccomando, / caro amico, secondo il tuo modo, / Memento vivere, non altro». Il genio che vola alto, nel tentativo di abbracciare l’infinito, si commuove di fronte allo spettacolo cosmico e scoprendosi parte del tutto trasforma la sua meraviglia in un amore illimitato per la vita. 

L’esistenza merita di essere vissuta di per sé senza lasciarsi distrarre dalla promessa di altre vite altrove. Basta un attimo eccezionale, un’occasione insperata, per capire che la vita che stiamo vivendo, nonostante difficoltà e pene, ci può far gioire della vita e che le cose terrene non meritano disprezzo ma possono essere fonte di un’intensa felicità, incitando l’io ad andare oltre se stesso per mettersi anche al servizio degli altri.

A queste straordinarie riflessioni di Goethe dedica pagine appassionate Pierre Hadot, professore emerito nel Collège de France e internazionalmente riconosciuto come uno dei più grandi specialisti di filosofia antica. Nel suo ultimo libro Ricordati di vivere. Goethe e la tradizione degli esercizi spirituali – ora pubblicato da Cortina (pp. 174, € 19.50) nell’ottima traduzione italiana di Anna Chiara Peduzzi – lo studioso ci propone una profonda analisi dei testi goethiani alla luce delle fonti classiche (con una particolare attenzione per epicurei, stoici e cinici). E attraverso tre ricchi capitoli, ci mostra come Goethe abbia compiuto dei veri e propri “esercizi spirituali”, espressione più volte utilizzata da Hadot in diversi suoi libri e che, contrariamente a quanto credono alcuni critici, non ha nessuna connotazione religiosa. «Si tratta – specifica l’autore nella sua introduzione – di atti dell’intelletto o dell’immaginazione o della volontà caratterizzati dalla loro finalità: grazie ad essi, l’individuo si sforza di trasformare il suo modo di vedere il mondo al fine di trasformare se stesso».

  Hadot inizia soffermandosi sull’esercizio che più volte ritorna nell’opera di Goethe: concentrarsi sull’istante presente, cercando di vivere intensamente ogni attimo dell’esistenza. Nell’avvincente dialogo tra Faust («L’animo allor placato non guarda a ciò che è stato né a quello che sarà. Solo il presente…») ed Elena («…è la nostra felicità») si concretizza lo splendore dell’essere: per liberarsi dalle banalità e dalla trivialità del quotidiano non c’è bisogno di evadere dalla realtà rifugiandosi nel passato o nel futuro, ma occorre sapersi liberare dagli egoismi che ci impediscono di vedere lo splendore del momento presente. Proprio in questa magica percezione è possibile cogliere il senso profondo del valore della vita.

Basta librarsi in volo verso il cielo stellato o ascendere una montagna per intraprendere un altro esercizio spirituale caro all’olimpico Goethe. E proprio nel secondo capitolo, Hadot mostra come lo sguardo dall’alto consenta ai personaggi goethiani di vivere istanti eccezionali attraverso la contemplazione della natura. Il sublime spettacolo delle cose che ci circondano simbolizza anche il piacere e la serenità provocati dalla poesia o dall’arte, anch’esse sospese, come l’uomo, tra il cielo e la terra.

Nell’interpretazione della poesia intitolata Parole primordiali è possibile, per Hadot, individuare il terzo esercizio spirituale, fondato sulla «descrizione del destino umano», in cui la speranza «fa da coronamento alla poesia», costituendo un «atteggiamento fondamentale».

Alla fine di questo percorso affascinante il lettore ritroverà l’eco dell’amore di Goethe per la vita dalla prima all’ultima pagina del libro. E non potrà fare a meno di apprezzare che il rilancio dell’invito a vivere del poeta tedesco sia oggi promosso da un entusiasta ottantasettenne. Questo Goethe, nella rilettura di Hadot, ci insegna che non è vero che al di fuori dell’eternità non ci possa essere felicità. Dire sì al vivere e al mondo significa imparare a dare un valore infinito agli istanti minimi della nostra esistenza.

 

Nuccio Ordine ("Ricordati di vivere. L'inno alla vita di Goethe", Corriere della Sera, 30-8-2009)

 

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