Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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RECENSIONI

Mimmo Franzinelli, IL DELITTO ROSSELLI, 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico

Mondadori, 2007, pgg. 291. euro 18.50

 

Nell’anno in cui ricorre il 70° anniversario della morte, l’illustre storico Mimmo Franzinelli profondo studioso del fascismo, ha indagato, nel libro “Il delitto Rosselli. Anatomia di un omicidio politico” (edito da Mondadori), l’assassinio dei due fratelli. Grazie alle recenti scoperte di fonti inedite, Franzinelli ha ricostituito con grande diligenza l’iter che ha portato, il 9 giugno 1937 un “commando”dell’Organisation Secrète d’Action Révolutionnaire Nationale (soprannominata Cagoule) all’omicidio presso Bagnoles-de-l’Orne, istigato dal controspionaggio militare italiano e dal Ministero degli Esteri del governo fascista. I colonnelli dei Carabinieri Santo Emanuele e Roberto Navale furono i rappresentanti del SIM più direttamente implicati nella vicenda, mentre Galeazzo Ciano e Filippo Anfuso la diressero dal Ministero.

Durante i primi Anni Venti i fratelli Nello e Carlo Rosselli, a Firenze, eredi ideali di Giuseppe Mazzini, allestirono, in collaborazione con Piero Calamandrei ed Ernesto Rossi, un “Circolo di Cultura”. Dopo la Marcia su Roma, l’attività culturale del Circolo ebbe un obiettivo antifascista, che si accrebbe dopo il delitto Matteotti del ’24, a tal punto che l’associazione venne sciolta nel ’25 dal prefetto di Firenze per motivi d’ordine pubblico.

Dopo lo scioglimento il gruppo diffuse nelle principali città italiane il giornale clandestino “Non Mollare. Bollettino di informazioni durante il regime fascista”. Dopo una ventina di numeri Gaetano Salvemini fu arrestato quale ideatore, mentre i Rosselli riuscirono, per una fortunata circostanza, a sottrarsi all’arresto. Però furono costretti a trasferirsi a Milano dove, in collaborazione con Pietro Nenni, Carlo Rosselli pubblicò, sulla scia del periodico “Rivoluzione Liberale” di Piero Gobetti, la rivista “Il Quarto Stato”. Con l’istituzione del Tribunale Speciale il progetto editoriale di Rosselli e Nenni attuato per pochi numeri, si arenò.

Perseguitato e pedinato dalla polizia politica, Carlo Rosselli decise di convogliare le sue energie nella lotta al regime fascista. Nel dicembre del ’26 insieme a Ferruccio Parri aiutò Filippo Turati a sfuggire all’OVRA, trasportandolo dalla Liguria alla Corsica via mare. La stessa notte del loro approdo sull’isola, Parri e Rosselli tornarono in Italia, ma al loro sbarco in Toscana furono arrestati e poi condannati a 5 anni di confino. I primi mesi li trascorsero a Ustica. Dopo un ulteriore processo, Rosselli venne condotto nell’isola di Lipari (dicembre 1927). Nel giro di un anno e mezzo Rosselli riuscì ad organizzare la propria fuga insieme a  Emilio Lussu, Francesco Fausto Nitti e Gioacchino Dolci il 27 giugno 1929, raggiungendo dapprima la Tunisia e poi Parigi, dove il mese successivo Rosselli potè riorganizzare l’attività politica in collaborazione con gli italiani fuoriusciti (tra cui Salvemini), fondando, nell’ottobre dello stesso anno, il Movimento “Giustizia e Libertà”.

Anche il fratello minore di Carlo, Sabatino (detto Nello), fu controllato dalla Polizia, sebbene meno assiduamente. Nel giugno 1927, in seguito ad una pubblicazione su Mazzini, venne arrestato e confinato ad Ustica per 5 anni. Rilasciato pochi mesi dopo, fu nuovamente arrestato in seguito all’evasione di suo fratello da Lipari, nel luglio 1929, in quanto ritenuto complice. Venne nuovamente liberato dopo qualche mese, grazie alle richieste giunte a Mussolini dal filosofo filofascista Gioacchino Volpe.

Carlo Rosselli, in occasione della guerra d’Africa (ottobre ’35), divenne un sorvegliato speciale. Sul suo periodico “Giustizia e Libertà” (il primo numero fu pubblicato nel maggio ’34) egli si oppose alla politica aggressiva del fascismo solidarizzando con l’Etiopia ed auspicando la sconfitta italiana. La sua propaganda a  sostegno della causa etiopica indusse il controspionaggio militare ad aumentare l’attenzione nei suoi confronti (già attiva dal suo arrivo a Parigi) impiegando un cospicuo numero di informatori.

Tra l’agosto e l’ottobre del ’36 Rosselli partecipò alla guerra di Spagna organizzando l’intervento di volontari in Catalogna contro le truppe di Franco. In questo periodo il controllo del controspionaggio si fece ulteriormente più intenso, Rosselli dopo aver lanciato da Radio Barcellona il monito: “Oggi in Spagna, domani in Italia”, tornò a Parigi, nel gennaio del ’37, oltre che per problemi di salute, anche per qualche dissidio con gli anarchici italiani. La sua personalità, il suo impegno nella guerra civile spagnola e il suo grande seguito internazionale indussero il regime fascista a considerarlo come il più pericoloso degli esuli e degli oppositori.

La Cagoule (in francese significa passamontagna, e deriva dal fatto che i suoi adepti, nei riti iniziatici, indossavano il tipico copricapo del Ku Klux Klan) fu uno dei gruppi paramilitari filofascisti che sconvolsero l’ordine pubblico in Francia tra le due guerre con azioni terroristiche, mediante la strategia dell’attacco preventivo. I cagoulards erano un gruppo di ispirazione razzista, e combattevano repubblicani, ebrei e comunisti.

I primi contatti tra Cagoule e i rappresentanti italiani avvennero nel ’36 a Torino tramite un rappresentante del controspionaggio militare, Roberto Navale. In Italia l’omicidio dei Rosselli fu diretto da tre personaggi: Galeazzo Ciano, Ministro degli Affari Esteri, Filippo Anfuso, titolare della Farnesina, fedele di Ciano, e Santo Emanuele, capo del controspionaggio militare. Ebbero un ruolo importante nell’affaire Rosselli anche Mario Roatta, capo del SIM, Paolo Angioi, secondo di Roatta, Arturo Bocchini, capo della Polizia e Michelangelo Di Stefano, capo dell’OVRA (opera vigilanza repressione antifascista).

Quando Rosselli, lasciata la Spagna, si recò a Parigi, i dolori alla gamba sinistra per la flebite non cessarono. Allora Rosselli decise di recarsi alla stazione termale di Bagnoles-de-l’Orme in Normandia, nel maggio del ’37, per cure sanitarie.

Da Firenze partì per la Normandia anche Nello Rosselli, desideroso di trascorrere una breve vacanza con il fratello e la cognata, Marion. Ritenendo quello il momento propizio per agire, spie fasciste e cagoulards controllarono assiduamente i Rosselli. La sera di mercoledì 9 giugno verso le 19, mentre stava facendo ritorno in albergo (dopo aver accompagnato Marion alla stazione, per rientrare a Parigi), presso il villaggio di Couterne, l’auto che aveva a bordo Carlo e Nello Rosselli venne bloccata da due auto che ospitavano ben 7 membri della Cagoule (tra cui una donna). I due fratelli vennero uccisi barbaramente con revolver e pugnali.

Due giorni dopo i due corpi furono rinvenuti in un bosco a pochi metri dalla strada dove erano stati assassinati: la stampa di destra, francese e italiana, cercò di addossare la responsabilità dell’assassinio agli estremisti di sinistra. I funerali, che si svolsero il 15 giugno a Parigi, ebbero una vasta eco internazionale. “Giustizia e Libertà” non esitò ad accusare Mussolini e il governo fascista dell’omicidio di Bagnoles-de-l’Orne.

Nei giorni successivi la polizia francese individuò tutti gli uomini del “commando” omicida senza però procedere ad alcun arresto. Solo nel dicembre del ’37, dopo accurate indagini, uno dopo l’altro quasi tutti i componenti del “commando” vennero arrestati e incriminati. La notizia fu accolta con preoccupazione dalla dittatura mussoliniana. Mentre la stampa nazionale minimizzò gli arresti dei cagoulards gli antifascisti appresero con soddisfazione la notizia. La Cagoule accusò il colpo ma restò in vita. I magistrati procedettero ricostruendo le fasi dell’omicidio e individuando l’implicazione del governo italiano nell’affaire. Il governo francese dapprima avvertì quello italiano di essere a conoscenza del suo coinvolgimento, ma poi ritrattò la notizia onde evitare scandali internazionali e al fine di stabilire buoni rapporti con l’Italia (marzo ’38).

Mentre la Cagoule veniva smantellata per gran parte, le indagini sul delitto Rosselli procedettero ad intermittenza, per non diffondere scomode implicazioni di personalità pubbliche sia in Francia che in Italia. L’instabilità internazionale e la crisi politica interna in Francia indussero il governo a insabbiare il processo contro i cagoulards. Dopo pochi giorni dalla dichiarazione francese di guerra alla Germania, l’ingegner Eugène Deloncle (capo carismatico del gruppo armato) e i suoi seguaci furono rilasciati.

La guerra scompaginò le carte del processo, che riprese lento e tortuoso dopo il ’45. Alcuni imputati erano morti, altri avevano fatto perdere le proprie tracce. Il processo si concluse nel novembre del ’48 senza aver minimamente contestato la responsabilità italiana nell’assassinio. Anche perchè solamente Francois Métérnier (che ovviamente tacque), interlocutore del colonnello Emanuele, era tra gli imputati superstiti a conoscenza dei retroscena. Coinvolto nel processo parigino, Filippo Anfuso, rifugiatosi in Francia, dopo la caduta di Mussolini, fu incarcerato per circa 2 anni, fino al febbraio del ’48 quando riuscì con numerose testimonianze a suo favore a essere prosciolto. 27 furono le condanne (3 alla pena capitale, solo per i latitanti) e 11 le assoluzioni. Sul fronte italiano, Ciano fu fucilato l’11 gennaio del ’44 per tradimento. Dopo le sue dimissioni dall’Arma dei Carabinieri Roberto Navale, fu nominato capo della vigilanza nella Fiat a Torino (giugno 1941), Santo Emanuele, invece, fu nominato commissario all’Epurazione per la punizione dei delitti fascisti dopo la Liberazione di Roma nell’estate del ’44. Inaspettatamente però, nel mese di settembre, Emanuele fu fermato in seguito a rivelazioni sul suo conto. Il processo venne fissato a Roma il 22 gennaio 1945. A poche settimane dal processo , il generale Mario Roatta, tenuto sotto stretta sorveglianza in ospedale scappò durante la notte. L’Alta Corte di giustizia pronunciò la sentenza pochi giorni dopo, il 12 marzo ’45: fucilazione per Anfuso, ergastolo per Emanuele, Navale e Roatta; ma l’evoluzione della politica italiana e la fine della guerra favorì lo smantellamento di quella sentenza.

In Italia, nel passaggio dalla dittatura alla democrazia, la sentenza dell’Alta Corte di giustizia sul delitto Rosselli, fu impugnata. I ricorsi presentati dai vari condannati alle sentenze dell’Alta Corte vennero accettati per buona parte, alcune sentenze vennero annullate oppure le pene diminuite.

Con una sentenza del 6 marzo del ’48 furono annullate le pronunzie dell’Alta Corte e i procedimenti per gli imputati furono trasferiti alla Corte d’Assise di Perugia. Rispetto a quattro anni prima il clima politico nazionale e internazionale era molto cambiato. La stampa dedicò poca attenzione al processo, non seguito neppure negli ambienti politici. Il 14 ottobre del ’49 fu pronunciata la sorprendente sentenza con la quale i mandanti del duplice omicidio di Carlo e Nello Rosselli vennero assolti. Anfuso (nel frattempo stabilitosi a Madrid prima di ritornare a Catania nel ’50) fu prosciolto con formula piena per non aver commesso il fatto, Emanuele e Navale invece vennero assolti per insufficienza di prove dall’omicidio dei Rosselli, e assolti per non aver commesso il fatto dagli altri reati. Dunque un crimine senza mandanti. Il tribunale di Perugia dimostrò con abbondante documentazione il nesso esistente tra gli ideatori del delitto e gli esecutori, ma poi ribaltò l’impostazione della sentenza ipotizzando che il crimine fosse maturato tra i fuoriusciti. Il libro arricchito da copiose note, da profili biografici dei “cagoulards” e dei referenti italiani, da riproduzioni fotografiche di documenti, da numerose illustrazioni fuori testo e dall’indice dei nomi, risulta la testimonianza completa e definitiva su uno dei più barbari eccidi commessi dal fascismo.

Isacco Montenegro

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