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										Nico 
										Ivaldi, Non 
										mi sono mai arreso – intervista all’avv.
										
										Bruno Segre 
									 
									
										Edizioni Lupieri, Torino, € 12 
										        
									
									 
									
									Nico Ivaldi, eclettico 
									scrittore e giornalista torinese, aveva da 
									tempo segnalato sul suo sito internet 
									l’intenzione di “rielaborare una lunga 
									intervista fatta ad un personaggio che ha 
									scritto pagine importanti nella storia 
									politica e culturale di Torino, intervista 
									iniziata un po’ di anni fa e colpevolmente 
									trascurata”. 
									La promessa è stata mantenuta e nel novembre 
									dello scorso anno è uscito dalla 
									Tipolitografia Artale, una delle più antiche 
									stamperie torinesi, un elegante volume,
									 edito 
									da Lupieri Editore, dal titolo “Non mi sono 
									mai arreso, Intervista all’avvocato Bruno 
									Segre”.  
									Il volume, di oltre duecento pagine, riporta 
									il contenuto (oltre cinquecento domande ed 
									ovviamente altrettante risposte) dei 
									numerosi incontri che Ivaldi ha ottenuto, 
									con meritevole perseveranza, da un 
									personaggio che tutti conosciamo fermo e 
									deciso nell’esporsi nella difesa dei diritti 
									altrui e dei principi di libertà ma 
									altrettanto poco incline a porsi sotto la 
									luce dei riflettori per parlare di sé 
									stesso, delle sue meritevoli battaglie e dei 
									significativi riconoscimenti ricevuti. Tra 
									questi, per limitarci ai più recenti, 
									ricordiamo il premio Torino Libera 2004 del 
									Centro Studi e Ricerche “Mario Pannunzio”, 
									una Targa del Consiglio Regionale del 
									Piemonte (4-11-2008) a riconoscimento di 
									“una vita per la laicità e la democrazia in 
									occasione del novantesimo compleanno” ed 
									infine una Targa della Sezione romana 
									dell’Associazione Nazionale per il Libero 
									Pensiero “Giordano Bruno” quale “Maestro di 
									laicità e giustizia nella promozione dei 
									valori della laicità” (2009). 
									       Bruno Segre nacque a Torino nel 
									settembre del 1918, un mese prima della 
									vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto che 
									segnò la fine dei sanguinosi scontri tra le 
									truppe italiane e quelle austriache. Il 
									padre Dario, ebreo, e la madre Ottavia 
									Vincenza, cattolica, erano entrambi non 
									praticanti e convinti che i figli (Bruno, il 
									fratello Glauco e la figlia Giorgina) 
									dovessero essere lasciati liberi di fare da 
									adulti le proprie scelte religiose. Per tale 
									motivo non li iscrissero alle scuole 
									ebraiche ma bensì a quelle statali. Da 
									ragazzino e da liceale Bruno assistette 
									inerme e disgustato all’affermarsi del 
									movimento fascista verso il quale provò fin 
									dall’inizio un sentimento di avversione tale 
									da augurarsi, durante un discorso di 
									Mussolini in piazza Castello, a Torino, che 
									“un italiano coraggioso salisse a palazzo 
									Madama con un fucile e lo facesse secco”. 
									Nel 1938 sulla famiglia Segre, come su tutta 
									la comunità ebraica italiana (circa 40.000 
									persone) si abbattè la bufera delle infami 
									leggi razziali che estromisero gli ebrei 
									dalla vita pubblica e li privarono dei 
									diritti fondamentali. Bruno, che avendo la 
									madre cattolica era considerato “ebreo a 
									metà”, avrebbe potuto sottrarsi alle pesanti 
									conseguenze di queste leggi accettando di 
									ricevere il battesimo ma , a differenza del 
									fratello e della sorella, si rifiutò di 
									farlo, coerentemente ai suoi principi di 
									libero pensatore che riteneva la religione 
									nulla di più che “un alibi per sottrarsi 
									alla ricerca di una verità razionale”. 
									Nonostante i diverbi con alcuni professori 
									fascisti riuscì comunque a laurearsi nel 
									giugno 1940 presentando una tesi chiaramente 
									provocatoria su Benjamin Constant, lo 
									scrittore francese fondatore del 
									liberalismo. Pochi giorni prima il padre 
									Dario con un preavviso di sole 24 ore era 
									stato inviato al confino in Abruzzo, un 
									provvedimento che lasciò la famiglia in 
									gravi difficoltà non solo morali ma anche 
									economiche. Ma altre dure prove attendevano 
									il giovane Bruno che nell’inverno del 1942 
									fu arrestato per avere imbrattato alcuni 
									manifesti di propaganda politica. Fu 
									rilasciato dopo alcuni mesi con un 
									provvedimento che lo bollava come 
									“disfattista in tempo di guerra”e lo 
									escludeva dalla possibilità di frequentare i 
									locali pubblici. Dopo l’8 settembre Segre 
									non esitò ad aggregarsi ai gruppi della 
									Resistenza che si stavano formando nelle 
									valli di Cuneo anche in conseguenza dello 
									sfasciarsi della IV Armata. Nel settembre 
									del 1944, mentre si trovava a Torino, fu 
									nuovamente arrestato e tradotto nella 
									caserma di via Asti, trasformata in carcere 
									politico. In quella occasione fu colpito, 
									mentre tentava la fuga, da un proiettile che 
									fortunatamente terminò la sua corsa contro 
									un portasigarette metallico che egli 
									custodiva nella tasca posteriore dei 
									pantaloni.  
									       In via Asti Segre fu sottoposto alle 
									angherie riservate agli antifascisti e visse 
									giorni deprimenti per l’assoluta incertezza 
									di essere ancora vivo nelle 24 ore 
									successive. Fu infine liberato grazie al 
									pagamento, tramite un avvocato fascista, di 
									una forte somma. Uscito dal carcere 
									raggiunse nuovamente le formazioni 
									partigiane di “Giustizia e Libertà”, il cui 
									comando era dislocato a Pradleves, in valle 
									Grana. 
									       Il 25 aprile segnò la fine della 
									lotta armata contro il fascismo e delle 
									persecuzioni razziali. Molto restava però da 
									fare ed altre dure battaglie attendevano i 
									paladini della libertà democratica, dei 
									diritti civili e della laicità dello Stato. 
									Nell’immediato dopoguerra Bruno Segre, 
									spinto da una passione che coltivava fin da 
									ragazzo e che mai lo abbandonò, svolse 
									un’intensa attività giornalistica come 
									cronista de ”L’Opinione”, il quotidiano 
									subentrato a “La Stampa” che, nonostante la 
									presenza di firme prestigiose (Vittorio 
									Gorresio, Ruggero Orlando, Camilla Cederna, 
									Arturo Carlo Jemolo ed altre ancora) ebbe 
									purtroppo una breve durata. Dopo la sua 
									chiusura Segre lavorò nel quotidiano “Mondo 
									Nuovo” e collaborò con molte altre testate 
									ma ben presto, “stufo di essere condizionato 
									dal capocronista o dal direttore”, decise di 
									affrontare gli esami da procuratore legale e 
									di aprire uno studio nell’intento “non 
									soltanto di soddisfare una vocazione , ma 
									anche di conquistare una fonte di libertà e 
									di indipendenza”. 
									       Il giovane avvocato balzò 
									immediatamente agli onori della cronaca 
									italiana ed internazionale per avere 
									accettato, nell’agosto 1949, di difendere un 
									obiettore di coscienza, Pietro Pinna, che, 
									per la prima volta in Italia, giustificò il 
									suo rifiuto a svolgere il servizio militare 
									non con motivazioni di carattere religioso 
									ma appellandosi ai principi morali della 
									nonviolenza. Dopo appassionati scontri nelle 
									aule giudiziarie l’avventura di Pinna si 
									concluse con il suo congedo per una 
									inesistente nevrosi cardiaca, diagnosticata 
									da un compiacente medico militare per porre 
									fine ad una vicenda che stava sollevando 
									troppo rumore.  
									       Dopo il caso Pinna l’avvocato Segre 
									difese oltre mille obiettori di coscienza, 
									in maggioranza Testimoni di Geova, e fu 
									parte attiva nelle infinite polemiche, 
									cortei, congressi, campagne di stampa e 
									marce della pace  che portarono 
									all’approvazione della legge del. Quindici 
									anni più tardi Segre affrontò un’altra dura 
									battaglia di principio a sostegno della 
									proposta di legge per l’introduzione del 
									divorzio presentata dal deputato socialista 
									Loris Fortuna. Proprio nel suo studio di via 
									Consolata 11 nacque ed ebbe sede la Sezione 
									torinese della Lega Italiana per il 
									Divorzio, un Movimento organizzato dal 
									Partito Radicale. 
									       L’impegno civile di Segre si estese 
									oltre le aule giudiziarie con la sua 
									adesione attiva a numerose associazioni 
									laiche, quali il Movimento dei Cittadini del 
									Mondo, l’Associazione Nazionale Perseguitati 
									Politici Italiani Antifascisti, la Società 
									di Cremazione e soprattutto l’Associazione 
									Nazionale del Libero Pensiero “Giordano 
									Bruno”. Di questa ultima, concepita come 
									ideale luogo d’incontro per i liberi 
									pensatori italiani, egli ricopre da molti 
									anni l’incarico di Presidente e direttore 
									della rivista “Libero Pensiero”. Ma il fiore 
									all’occhiello dell’attività extra forense 
									dell’avvocato Segre è certamente il mensile 
									“L’Incontro”, una testata da lui fondata nel 
									lontano 1949 e che ancora oggi rappresenta 
									un terreno comune di dibattito civile per 
									persone di convinzioni diverse, agevolando 
									la circolazione delle idee ed il confronto 
									delle opinioni. 
									       Nonostante i suoi numerosi impegni 
									Segre trovò anche il tempo e le energie per 
									svolgere attività politica. Nel giugno del 
									1975 entrò nel Consiglio Comunale come 
									candidato del PSI e si distinse per le sue 
									innovative proposte, nonché per il record 
									delle presenze in aula, prova significativa 
									della serietà con il quale egli era ed è 
									tuttora uso adempiere agli impegni assunti. 
									       Il racconto, sotto forma di 
									intervista, della vita di Bruno Segre è il 
									filo conduttore dell’opera di Nico Ivaldi, 
									ma è anche il pretesto, per raccogliere e 
									porre a disposizione dei lettori il pensiero 
									dell’illustre intervistato sui molti 
									personaggi che egli ebbe modo di conoscere e 
									sugli importanti avvenimenti nei quali egli 
									fu in qualche modo coinvolto. Una preziosa 
									miniera di giudizi e di valutazioni con le 
									quali è comunque utile confrontarsi perché 
									rappresentano il pensiero di un uomo onesto 
									ed intelligente, che ha sempre saputo 
									mantenere la propria indipendenza di 
									giudizio e pagare di persona la fedeltà ai 
									suoi ideali di libertà e di democrazia. 
									 
									Adriana Pescivolo     
									   
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			ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO 
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