Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

Aderente all' Union Mondiale des Libres Penseurs - International Humanist and Ethical Union

Presidenza nazionale e Presidenza sezione di Roma - Coordinamento Web :

prof.ssa Maria Mantello,


Roma

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Presidenza Onoraria e Sezione di Torino:

avv. Bruno Segre


Torino

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L’annuncio del Ministro della Cultura Dario Franceschini, il 5 aprile 2021, in piena pandemia e con i cinema chiusi, ha il suono di una solennità fuori sincrono. Il Ministro ha firmato un decreto che abolisce la censura cinematografica in Italia, un decreto attuativo, che segue, dopo un po’ di anni dalla sua uscita, la Legge Cinema del 2016. Il decreto prevede una Commissione per la Classificazione delle Opere Cinematografiche, composta da 49 figure, scelte tra esperti del settore cinematografico, esperti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori e nella comunicazione sociale, e designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali e dell’ambiente. Risponderà alla direzione generale cinema del Ministero della Cultura, presieduta da Alessandro Pajno, che sostituisce un sistema ben più macchinoso, fatto di diverse commissioni.

Nessun limite alla libertà dell’arte. Resta la tutela del minore

Non sarà più previsto e contemplato il divieto assoluto di uscire in sala né l’uscita condizionata a tagli o modifiche, al massimo si potrà vietare la visione di certi film ai minori di 18 anni. Perché quello che il decreto prevede è la divisione in quattro categorie: quelli adatti a ogni tipo di pubblico, quelli vietati ai minori di 6, 14 e 18 anni. A proporre la categoria ritenuta più adeguata per ogni film saranno direttamente i produttori, e solo a quel punto la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche potrà confermare la scelta o, al massimo, proporne una diversa. Per confermare o modificare la classificazione di un film si avranno al massimo 20 giorni. Quindi una vera e propria autoregolamentazione, motivo per il quale il ministro Franceschini ha parlato di un traguardo importante per la cultura nazionale, perché è «definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti».

Una storia lunga di bigottismi e moralismi

In Italia la censura era cominciata negli anni Dieci del Novecento, con un Regio Decreto che prevedeva un apposito nulla osta affinché  il film fosse proiettato. Al Regio Decreto seguirono, ovviamente, gli anni del fascismo, per il quale il Cinema fu una formidabile arma di propaganda, rinforzata dai rigidi controlli del MinCulPop. Eppure la censura sotto il fascismo non raggiunse i livelli eclatanti del secondo Dopoguerra, quando fu affidata all’allora giovane sottosegretario dalla presidenza del Consiglio con delega allo spettacolo Giulio Andreotti. Lo racconta alla perfezione e con il giusto tocco di sarcasmo (d’altronde ben gradito anche allo stesso Andreotti) la celebre scena del cineforum di C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, con la citazione andreottiana («I panni sporchi si lavano in casa», riferito nella realtà ad Umberto D.) dopo una concitata proiezione di Ladri di biciclette.

Come funzionava il meccanismo censorio

La legge in vigore fino a poche ore fa, arrivò nel 1962 e prevedeva una Commissione di primo grado e una d’appello, e la necessità, esattamente come all’epoca del Regio Decreto, di un apposito nulla osta per l’arrivo di un film nei cinema. Quella della commissione non era necessariamente la censura più temibile: oltre al controllo preventivo sulla sceneggiatura e la visione da parte della commissione di revisione, c’era infatti la possibilità che il film venisse denunciato da privati cittadini o magistrati, e, a seguito di tali denunce processato. Proprio la situazione grottesca, in una Italia da operetta, in cui vizi e virtù piccolo borghesi venivano custoditi tra le mura domestiche, messa in scena da Scola.

Tagli e modifiche… anche su Totò

I numeri del dopoguerra italiano sono notevoli, basti pensare che dei 34.433 lungometraggi sottoposti a censura dal 1944 a oggi, non hanno ottenuto il visto di censura 274 film italiani, 130 americani e 321 provenienti da altri paesi. Sono invece 10.092, quelli ammessi dopo tagli o modifiche. La lista è lunga, e zeppa di nomi prestigiosi e di casi clamorosi: non solo Blow-Up di Michelangelo Antonioni (1967), Arancia meccanica di Stanley Kubrick (1971), Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972), Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975), casi ben noti, ma anche film come Totò e Carolina di Mario Monicelli, del 1955. E, per la cronaca, l’ultimo film censurato in Italia è del 2012: un horror del regista Raffaele Picchio ambientato nella Roma del 73 a. C., Morituris, censurato a causa di «perversità e sadismo gratuiti». Probabilmente non una gran perdita per il grande pubblico, se si pensa che i motivi del giudizio censorio sono stati gli «tti di perversa violenza» nei quali «viene impiegato un topolino come un oggetto sessuale». È l’unico film censurato del millennio, dopo il caso ben diverso, e a suo modo clamoroso di Totò che visse due volte, di Ciprì e Maresco, del 1998.

Sostenere il Cinema

Dunque, il decreto firmato da Franceschini segna la fine dei panni sporchi lavati in casa, o è molto rumore per (quasi) nulla? Seppur praticamente inesistente (salvo i sopra citati due casi) negli ultimi decenni, di fatto l’abolizione formale e per decreto della censura è comunque una rivoluzione. Certo, simbolica più che di fatto, dato che da tempo ormai il fatto non sussisteva più. Assume un significato particolare, in questi giorni, perché da ora in poi a nessun film sarà possibile vietare di arrivare in sala, ma le sale sono chiuse, e chissà quando riapriranno. Sperando che riaprano. Sembra quindi, la scelta di Franceschini, più una promessa, che speriamo sia mantenuta. Sostenere il cinema, e soprattutto le sale, per ricominciare a vedere i film uscendo dai nostri divani e dalle piattaforme alle quali ci siamo troppo facilmente arresi. Auguriamoci che la scelta di firmare il decreto che sancisce la fine della censura a sale chiuse e in piena pandemia, segni la rinascita di quel cinema, che non è, e non può essere, senza il pubblico, la platea, la sala. Nel frattempo, la storia della censura cinematografica in Italia è ben raccontata e mostrata su CineCensura.com, mostra digitale e permanente che divide i casi di censura in quattro grandi temi: sesso, politica, religione e violenza. Oltre 300 lungometraggi, 80 cinegiornali, e 100 tra pubblicità e cortometraggi, oltre a manifesti censurati e filmati di tagli.

 


 

 

 

 


 

Direttore Responsabile: Maria Mantello 

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