Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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Acqua santa su Priebke. Ritorno in Alto Adige per la sepoltura?

 

 

Così Vaticano e Crose Rossa salvarono il boia delle Ardeatine

 

 

 

Un secondo battesimo per pulire la coscienza e una nuova identità per i nazisti in fuga. Così il Vaticano ha permesso l’espatrio ad alcuni dei protagonisti dello sterminio di milioni di ebrei e del capitano delle SS Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine. Oltre a  Priebke scappano Eugen Dollmann, Joseph Mengele e Adolf Eichmann. 

Ego te absolvo. ‘Erich Priebke viene ribattezzato a Vipiteno nel ’48 nella chiesa parrocchiale. Con la condizione di ripudiare il nazionalsocialismo e ricevere in cambio l’aiuto per espatriare’, rivela Gerald Steinacher, storico tirolese e docente all’università Innsbruck, autore del libro ‘La via segreta dei nazisti‘. Il nome di Priebke si trova sul registro parrocchiale, accanto un’annotazione scritta a penna come condizione: il nazista riceve il nuovo battesimo come cattolico e ripudia quello protestante. Priebke, dopo essersi nascosto nei masi vicino a Vipiteno, va a Bolzano per ritirare nel ’48 il passaporto dalla Croce Rossa, valido per l’espatrio in  Argentina. Ora si chiama Otto Pape, è di Riga, direttore d’albergo. Ad attestare la nuova identità è la Pontificia Commissione di Assistenza del Vaticano. Intanto nelle stanze del Vaticano si trova il vescovo filonazista Alois Hudal, austriaco, rettore del Collegio Germanico di via S. Maria dell’Anima, e padre Krunoslav Stjepan Draganović, croato, filoustascia. Entrambi sono fra i responsabili della Pontificia Commissione Assistenza e operano fra il ’45 e il ’50. La commissione ha ufficialmente il compito di assistere i profughi non politici, ma loro due aiutano soprattutto i criminali di guerra, nazisti e collaborazionisti. Il meccanismo della fuga è semplice e collaudato. E comincia quando gli alleati lasciano l’Italia nel dicembre 1945 e l’Alto Adige diventa terra di nessuno.

Il vescovo di Hitler. Da Roma il vescovo Alois Hudal dirige l’organizzazione, in accordo con la diocesi di Bressanone, dove ci sono due compiacenti protagonisti: il vescovo Johannes Geisler, pangermanista, e il vicario generale Alois Pompanin, filonazista, che firma lettere con ‘Heil Hitler’. Per i criminali è pericoloso rimanere in Austria e Germania, ci sono gli Alleati e i sovietici. La via di fuga è oltre oceano, ma i porti della Francia e Spagna sono lontani, meglio Genova o i porti vicino Roma. I nazisti confluiscono quindi in Alto Adige verso il ‘46, dove trovano sistemazione in conventi, parrocchie, ospedali, alberghi, o nei masi di contadini.

Criminali ribattezzati. Molti sacerdoti altoatesini impartiscono il nuovo battesimo ai nazisti con la condizione di rinnegare il nazionalsocialismo. Ribattezzati, si preparano falsi documenti d’identità, che la Pontificia Commissione Assistenza convalida e poi li gira alla Croce Rossa Internazionale, che rilascia il passaporti. Migliaia di richieste partono dal Vaticano. I nazisti non debbono nemmeno scomodarsi, aspettano tranquillamente il salvacondotto nei loro rifugi altoatesini. In un documento della Pontificia Commissione si chiede il rilascio del passaporto della Croce Rossa per Franz Stangl, comandante del lager di sterminio di Sobibor e Treblinka, in seguito condannato per l’uccisione di 900 mila persone.

Eichmann in convento. Dopo Priebke tocca ad Adolf Eichmann, l’organizzatore della deportazione degli ebrei. Ed è lo stesso Eichmann che racconta nel suo diario, ritrovato da Steinacher negli archivi della Cia a Washington, com’è strutturata l’organizzazione. Nel maggio ’50 Eichmann arriva in Italia ad attenderlo a Terme di Brennero c’è il parroco di Vipiteno, Johann Corradini, con la bicicletta. ‘Eccezionale ciclista’, annota. In parrocchia vi rimane qualche giorno, poi a Bolzano alloggiato per settimane in centro città, al convento dei Francescani. E’ il comune di Termeno che rilascia il falso documento d’identità per il passaporto. Ora si chiama Riccardo Klement e può partire da Genova per l’Argentina. Josef Mengele, il ‘dottore’ degli esperimenti su esseri umani ad Auschwitz, raggiunge invece l’Alto Adige dal passo Resia. Alloggia in albergo, ha disponibilità finanziarie. Viso d’attore, si fa fotografie in posa, capelli stirati all’indietro. Si fa chiamare Helmut Gregor, italiano, di professione tecnico e meccanico. È sempre il comune di Termeno che rilascia nel ’48 il documento d’identità. Lì, c’è qualche ‘buon’ camerata che li aiuta. Quando arriva il passaporto ha già prenotato il viaggio per l’Argentina. Fin troppo solerti i responsabili della Cri di Genova, che rilasciano il salvacondotto dopo solo nove giorni dalla domanda del torturatore di Auschwitz. Il colonnello Eugen Dollmann, ufficiale di collegamento fra Mussolini e Hitler, uomo di fiducia di Himmler, diventa Eugen Amonn con una falsa carta d’identità di Bolzano e nel ’52 è in Argentina. Come secondo indirizzo molti indicano via della Pace 20 a Roma, sede del Collegio germanico di S. Maria dell’Anima del vescovo Hudal. Karl Hass, fra i responsabili della deportazione degli ebrei romani, non si pone nemmeno il problema di scappare. Se ne sta tranquillo in Alto Adige, dove si sposa. Ufficialmente è morto nel ’47. Però nel ’69 recita la parte di un ufficiale nazista nel film di Luchino Visconti ‘La caduta degli dei’. Un ruolo che conosce. Nei cinema tutti lo possono vedere.

Il comandante del lager di Przemysl, Josef Schwammberger, di Bressanone, capelli impomatati, baffi curati, vestito elegante, non cambia identità. Dichiara di essere un meccanico specializzato, parte per Buenos Aires nel ’48 con passaporto della Cri, richiesto sempre dalla Pontifica Commissione Assistenza del Vaticano. Pure Eduard Roschmann, comandante del ghetto ebreo di Riga, sceglie l’Italia per la fuga in Argentina con il falso nome di Fritz Berd Wegener.

Ora spunta l’ipotesi della sepoltura di Priebke in Trentino Alto Adige: l’ex capitano SS tornerà nella terra che gli ha dato rifugio, forse accolto da alcuni suoi camerati? Nazisti per sempre. 

Paolo Tessari, Il fatto quotidiano, 21 ottobre 2013

 


 

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