Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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Fecondazione assistita e analisi preimpianto

Alle coppie fertili si aprono le porte dei pubblici ospedali

 

La confessionale legge 40, voluta dalla Cei in scambio simoniaco con l’allora governo Berlusconi,  già sgretolatasi a seguito delle numerose sentenze della Magistratura ordinaria e della Consulta perché la donna non è una batteria di prolificazione e perché mettere al mondo un figlio sano è un diritto buono e giusto, riceve adesso dal tribunale di Roma un’altra significativa sconfitta, costringendo lo Stato italiano ad aprire le porte del Servizio Sanitario Nazionale  anche alle coppie fertili. A queste la  Corte di Strasburgo (affaire Costa et Pavan c. Italie, requête n. 54270/10, Cfr: http://www.periodicoliberopensiero.it/news/Comunicato-Corte-Europea-Strasburgo.pdf) aveva riconosciuto il diritto umano a mettere al mondo un figlio sano, ma fino ad ora lo Stato italiano non ne aveva fatto un suo dovere, mantenendo infatti la norma della legge 40 che prevedeva la pubblica assistenza solo alle coppie sterili.

Alla discriminazione ha posto fine il giudice Donatella Galterio della prima sezione civile del tribunale di Roma dando ragione alla coppia romana Costa-Pavan portatrice sana di fibrosi cistica, che sulla questione è andata fino in fondo.

Il tribunale di Roma, infatti, impegna lo Stato al dovere di aprirle le porte dei suoi ospedali, consentendole l’accesso «all'Asl Rm A [quella a cui i coniugi si erano rivolti], o direttamente o avvalendosi di altre strutture specializzate». Così - precisa il giudice - è pienamente tutelato «il diritto dei signori Rosetta Costa e Walter Pavan a sottoporsi al procedimento di procreazione medicalmente assistita con trasferimento in utero della signora Costa, previo esame clinico e diagnostico degli embrioni creati tramite fecondazione in vitro, solo degli embrioni sani o portatori sani rispetto alla patologia da cui sono affette le parti mediante le metodologie previste dalla scienza medica e con crioconservazione degli embrioni malati sino all'esito della tutela di merito». 

Ma la sentenza ribadisce anche l’importanza della analisi preimpianto, perché «è attraverso la suddetta diagnosi che viene garantito tanto il diritto all’autodeterminazione dei soggetti coinvolti quanto al contempo il diritto alla salute della futura gestante, essendo innegabile che gli embrioni affetti da gravi patologie genetiche possano seriamente determinare una prosecuzione patologica della gravidanza o causare un aborto spontaneo, compromettendo l’integrità fisica e psichica della donna».

La sentenza è di grande interesse, non solo perché è la prima volta che viene applicata sulla questione specifica dell’accesso alla fecondazione assistita delle coppie non sterili, ma perché, si rifà al giudizio di Strasburgo che –ricordiamolo- denunciava il peccato originale della legge 40 che surrettiziamente introduceva la nozione di stato giuridico dell’embrione. Una confusione pericolosa denunciavano allora i giudici europei: «la Corte  innanzitutto osserva che i concetti di “embrione” e di “bambino” non devono essere confusi (La Cour observe d’abord que les notions d’< embryon> » et d’ < enfant> ne doivent pas être confondues)».

Maria Mantello  29 settembre 2013

 

Correlati:  

L’embrione non è un bambino

Legge 40. Se l’integralismo prevale sul diritto (Libero Pensiero, n°60 - Giugno 2012)

 

 

 

 


 

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