Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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L'impero segreto del Vaticano edificato con il denaro di Mussolini

A partire dai Patti Lateranensi, il papato ha fondato le sue speculazioni finanziarie sui milioni di denaro pubblico ottenuti in cambio del riconoscimento del regime fascista.

The Guardian
martedì 22 gennaio 2013 13:38

Fra i turisti che affollano Londra, ben pochi immaginano che le proprietà di Bulgari, lussuosa gioielleria sulla New Bond Street, abbiano qualcosa a che fare con il papa. E nemmeno il vicino edificio della banca Altium Capital, specializzata in investimenti d'alto bordo, che si trova all'angolo fra St James's Square e la Pall Mall. Ma questi quartieri, occupati da uffici in una delle zone più costose di Londra, sono parte di un sorprendente impero commerciale segreto posseduto dal Vaticano. La Chiesa ha infatti edificato, dietro varie forme e nel corso degli anni, un impero economico internazionale, impiegando capitali cui Mussolini aveva rinunciato in cambio del riconoscimento papale del regime fascista nel 1929, con i Patti Lateranensi.
Da allora il valore internazionale del gruzzolo di Mussolini è cresciuto fino a raggiungere gli odierni 500 milioni di sterline. Nel 2006, al culmine del recente periodo di intense speculazioni finanziarie, il Vaticano ha speso 15 milioni di sterline, provenienti da quel capitale, per comprare il numero 30 di St James's Square. Altre proprietà britanniche sono situate al 168 di New Bond Street e nella città di Coventry. Il Vaticano possiede inoltre interi isolati di edifici a Parigi e in Svizzera.

L'aspetto sorprendente della questione è la durata del segreto mantenuto dal Vaticano sui milioni di Mussolini. Il blocco di uffici di St James's Square fu acquistato da una compagnia dal nome di British Grolux Investments Ltd, che risulta possedere anche le altre proprietà inglesi. Dal Registro delle imprese del Regno Unito non risulta il vero proprietario della suddetta compagnia, né si nomina il Vaticano. Però vengono menzionati due prestanome, entrambi importanti banchieri cattolici: John Varley, di recente ai vertici di Barclays Bank, e Robin Herbert, in passato legato alla Leopold Joseph Bank. Il Guardian ha mandato una lettera a ciascuno di essi per domandare in nome di chi agiscono. Le lettere sono rimaste senza risposta. La legge britannica permette che i veri proprietari delle imprese possano rimanere nascosti dietro un prestanome, come in questo caso. Il segretario della compagnia, John Jemkins, è stato altrettanto parco di informazioni. Ci ha detto che l'impresa era posseduta da una cooperativa, ma si è rifiutato di identificarla con la scusa della privacy. Dopo aver preso nota delle nostre richieste, ci ha fatto sapere di non essere «autorizzato a fornire nessuna informazione».
Dalle ricerche effettuate negli archivi storici, tuttavia, risulta la verità. I documenti del Registro delle imprese rivelano che la British Grolux Investments ha ereditato tutte le sue proprietà da una riorganizzazione di due precedenti compagnie, la British Grolux Ltd e la Cheylesmore Estates, avvenuta nel 1999. Le quote di queste imprese erano possedute a loro volta da una compagnia che risultava all'indirizzo della JP Morgan Bank di New York. Il controllo ultimo risulta essere esercitato dalla compagnia svizzera Profima Sa.

Documenti del tempo di guerra conservati nell'archivio britannico di Kew completano il quadro, confermando che la Profima Sa era ed è posseduta dal Vaticano, accusato all'epoca di «intraprendere attività contrarie agli interessi degli Alleati». Documenti del Ministero dell'economia bellica risalenti alla fine della guerra criticano il banchiere del papa Bernardino Nogara, che controllava gli investimenti di oltre 50 milioni di sterline provenienti dal capitale di Mussolini. Le attività occulte di Nogara sono state dettagliate nel traffico telegrafico proveniente dal Vaticano verso un contatto a Ginevra, intercettato nel 1945 dagli inglesi, che discussero la possibilità di inserire la Profima nella lista nera. «Nogara è l'agente finanziario vaticano e la Profima Sa di Losanna è la compagnia svizzera che segue gli interessi vaticani». Gli Alleati erano convinti che Nogara stesse tentando di trasferire quote di due compagnie immobiliari francesi, possedute dal Vaticano, alla Profima, in modo tale che il Vaticano non fosse inserito nella lista nera del governo francese.
Nel 1943, in piena guerra, gli inglesi accusarono Nogara di un simile «lavoro sporco» allorché egli trasferì quote di una banca italiana nelle mani della Profima, con lo scopo di riciclarle presentando tale banca come controllata dai neutrali svizzeri. Ciò è stato descritto in termini di «manipolazione» di finanze vaticane per favorire «scopi politici esterni».
Il denaro di Mussolini fu cruciale per le finanze del Vaticano. John Pollard, storico di Cambridge, in Money and the Rise of the Modern Papacy afferma che «il papato si trovò in tal modo economicamente al sicuro, senza più rischi di crolli finanziari». Fin dall'inizio Nogara era stato in un certo senso innovativo nell'investire i contanti. Documenti del 1931 mostrano come una compagnia lussemburghese possedesse le proprietà europee che lui stesso stava acquisendo. Si chiamava Groupement Financier Luxembourgeois, da cui Grolux. Il Lussemburgo è stato uno dei primi Paesi a imporre una tassazione molto ridotta sul commercio internazionale già nel 1929. La filiale britannica, chiamata British Grolux, fu incorporata l'anno seguente.

Allo scoppio della guerra e con la prospettiva di una invasione tedesca, il controllo della British Grolux fu trasferito negli Stati Uniti e nella neutrale Svizzera. Gli investimenti dei fondi di Mussolini in Gran Bretagna sono oggi controllati da un ufficiale papale, Paolo Mennini, che è nei fatti il gestore del portafoglio finanziario del papa. Mennini è alla guida di un organismo speciale vaticano chiamato Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), che gestisce il cosiddetto «patrimonio della Santa Sede». Secondo un'indagine condotta lo scorso anno dal Consiglio d'Europa, che ha esaminato i controlli finanziari del Vaticano, l'assetto dell'Apsa supera i 680 milioni di euro.
Se il silenzio circa l'origine fascista della ricchezza papale poteva risultare comprensibile negli anni della guerra, ciò che non è chiaro è come mai il Vaticano abbia continuato a mantenere il riserbo sulle società inglesi anche dopo la riorganizzazione del 1999. Il Guardian ha chiesto all'arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna, come mai il Vaticano abbia continuato a mantenere il segreto sugli investimenti immobiliari londinesi. Abbiamo anche domandato come il papa abbia impiegato i proventi. E la Chiesa, fedele alla sua tradizione di assoluto silenzio sull'argomento, per bocca del portavoce ha dichiarato che il nunzio apostolico non ha niente da commentare.


David Leigh, Jean François Tanda, Jessica Benhamou
Articolo originale su The Guardian, traduzione di Belinda Malaspina




 


 

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