Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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ARTICOLI

Libero Pensiero 12/2008

 

La filosofa Roberta de Monticelli lascia la Chiesa           

            “Questo è un addio. A molti cari amici – in quanto cattolici”. Così la filosofa cristiana laica  Roberta De Monticelli ha dato l’annuncio di voler porre fine a “qualunque collaborazione che abbia diretta o indiretta relazione alla Chiesa cattolica italiana”.  Lo ha fatto con un articolo pubblicato, lo scorso 2 ottobre, sul giornale Il Foglio diretto da Giuliano Ferrara, dopo aver letto le dichiarazioni rilasciate dal segretario della CEI uscente, mons. Giuseppe Betori.

            Rispondendo alle domande dei giornalisti sulle posizioni della Chiesa in merito ad una legge sul testamento biologico, Betori aveva affermato: “Preferisco non parlare di testamento biologico, ma di legislazione di fine vita, in quanto la parola ‘testamento biologico’ si colloca all’interno di quella comprensione che ritiene l’autodeterminazione in ordine alla propria morte a disposizione della persona umana”.  Al contrario, per la Chiesa, “la vita e la morte non sono a disposizione di nessuno, neanche di sé stessi: noi preferiamo proteggere la vita e rendere degno il momento della fine della propria esistenza”. Betori aveva riconosciuto l’“opportunità”di una legislazione sul “fine vita”, nella direzione però “del ‘favor vitae’, della salvaguardia della vita, non della disponibilità della persona a mettere fine alla propria esistenza, secondo quel principio di autodeterminazione che alcuni vorrebbero prevalente rispetto al principio di indisponibilità della vita”.

            Secondo De Monticelli, la posizione espressa da Betori “è la più tremenda, la più diabolica negazione di esistenza, della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza e la sua libertà”. “È possibile essere complici di questo nichilismo?” domanda De Monticelli “Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia”.

            Sant’Agostino ci insegna, che una persona è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa?

Attenzione: non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo di altri. Su questo si basano ad esempio i principi costituzionali che garantiscono la libertà religiosa, politica, di opinione e di espressione. Oppure ci sono questioni morali che non sono “di competenza” della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità ultima è dunque “più ultima” di quella della coscienza? Quella dei medici? Quella di mons. Betori? Quella del papa? E su cosa si fonda ogni autorità, se non sulla sua coscienza? Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale un’autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti?

C’è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull’autorità e non nell’intimità della propria coscienza? “Non siamo per il principio di autodeterminazione”, dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della Chiesa italiana. Ma si rende conto, monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? È possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia.

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