Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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ARTICOLI

UNA TESTIMONIANZA STORICA

SU MASSONERIA E FASCISMO

Libero Pensiero 09/2009

 

In una nota libreria di corso Vittorio, a Torino, c’è un comparto “segreto” di pubblicazioni poco note. Con un po’ di fortuna e  un pizzico di audacia, facendo scorrere una paratia sul suo binario, appare un piccolo tesoro di libri insoliti. Si tratta di opere autorevoli sulla Massoneria, scritte da Autori appartenenti o appartenuti ad essa. Nascosto, fra tomi ben più imponenti di mole, il volumetto tascabile di Michele Terzaghi: “Fascismo e Massoneria”, nell’edizione postuma pubblicata nel 2000 da Arktos-Oggero, editore in Carmagnola (Torino).

L’Autore racconta, con sincerità impressionante, il periodo di ascesa del Fascismo al potere, ricordando episodi vissuti in prima persona a fianco del Duce, come quando “Mussolini, da semplice deputato, sedeva in uno scanno accanto al mio. Ogni tanto ci scambiavamo delle impressioni.

Eletto deputato nel 1921, Michele Terzaghi, avvocato, repubblicano, poi socialista come Mussolini, fu tra i fondatori del Partito Nazionale Fascista. Ma ciò che maggiormente sconcerterà il lettore è l’appartenenza di Terzaghi alla Massoneria, ossia l’associazione promotrice del Risorgimento, alla quale appartennero Mazzini, Garibaldi e Cavour.

Ancora oggi, nonostante i numerosi articoli giornalistici ed i servizi televisivi, la Massoneria mantiene intatto il fascino del suo mistero. Terzaghi aiuta il lettore a conoscere dall’interno questa antica istituzione esoterica e i suoi principii.

I capisaldi essenziali della Massoneria, quali emergono dal libro, sono tre: libertà, giustizia, conoscenza. Dalla prima scaturirebbe la tolleranza, dalla seconda l’uguaglianza dei diritti, quindi la fratellanza degli uomini e la solidarietà. Infine, dalla terza, si originerebbe la ricerca della verità (non il certum dei Romani, bensì il verum).

E’ anche interessante la disamina storica sulla scissione della Massoneria nel 1908 e sulla struttura dei due tronconi che ne derivarono: quello con sede a Roma a Palazzo Giustiniani e quello, minore, a Piazza del Gesù.

Dal libro si apprende che i Giustinianei, ossia i Massoni che fanno capo alla Famiglia di Palazzo Giustiniani, si distribuirebbero secondo 33 gradi, i primi tre costituendo l’ Ordine, alla cui guida è un Gran Maestro, mentre dal 4° al 33° , sempre all’obbedienza del Gran Maestro, costituirebbero il cosiddetto Rito Scozzese, ispirati nel loro perfezionamento spirituale dalla figura di  un Sovrano Gran Commendatore.

Invece, i Massoni all’ Obbedienza di Piazza del Gesù, avrebbero una unica distribuzione dal 1° al 33° grado, la figura del Gran Maestro coincidendo con quella del Sovrano Gran Commendatore.

Questa partizione della Massoneria in Obbedienze, o Famiglie che dir si voglia, è rigorosa: se si appartiene all’una non si può appartenere all’altra,tranne eccezionalmente il caso di Roberto Farinacei, famigerato “ras di Cremona”, che apparteneva ad entrambe. E le confondeva pure!

E’ sintomatico di un certo tipo di evoluzione  il fatto che Terzaghi, pur essendo all’Obbedienza di Piazza del Gesù, non esiti ad attribuire pesanti responsabilità al suo Sovrano e Gran Maestro Raoul Palermi, mentre riconosce la buona volontà del Capo dell’altra Obbedienza, il Gran Maestro Domizio Torrigiani. Infatti, egli ricorda: “Mi incontrai per caso con Domizio Torrigiani, il quale non dissimulò la sua riservatezza di giudizio, e mi disse: ‘Sta attento che il successo che vanno conseguendo i Fasci non vi dia alla testa’ ”.

Terzaghi segnala nomi e cognomi dei massoni delle due diverse Famiglie che, come fece egli stesso, entrarono nelle file del Fascismo. In numero maggiore quelli di Piazza del Gesù, ma: “anche alcuni massoni di Palazzo Giustiniani si ritrovarono nelle file fasciste. D’altra parte la Massoneria non potrebbe essere saggia se si astraesse dalla vita reale e non si preoccupasse di penetrare un po’ dappertutto, non fosse che a titolo di osservazione e di vigilanza”.

Terzaghi spiega la sua interpretazione della grande scissione massonica del 1908, avvenuta poco tempo dopo la morte dell’autorevolissimo Adriano Lemmi, ultimo capo unico e indiscusso di tutta la Massoneria italiana. Interpretazione opinabile, complessa, e tuttavia degna dell’approfondimento da parte del lettore. La vicenda provocò un indebolimento di tutta la Massoneria, ciò che impedirà una efficace azione antifascista al momento giusto. Infatti, tutte e due le Famiglie massoniche avevano contribuito a finanziare la Marcia su Roma, per ragioni etiche e patriottiche. La “vittoria mutilata”, la disoccupazione di massa, le diffuse sacche di povertà, la propaganda nazionalista, la giustificavano, assieme al fatto che il Mussolini della prima ora propugnava ideali socialisti e repubblicani.

Successivamente, accortasi dell’errore politico, la Massoneria di Palazzo Giustiniani, rappresentata da Domizio Torrigiani, si oppose al Fascismo.

“I Giustinianei erano ufficialmente e non ufficialmente oppositori, perché Palazzo Giustiniani (…) preferì coltivare le sue sempre più accentuate riserve, in nome delle tendenze di sinistra democratica che aveva adottato sin dal 1906. Giovanni Amendola fu l’esempio tipico della irriducibilità giustinianea, che purtroppo scontò tragicamente con la vita. Raoul Palermi intanto credette di essere furbo a soffiare sul fuoco, perché riteneva che fascisteggiando avrebbe acquistato autorità per la propria Massoneria e trovato man forte per soverchiare Palazzo Giustiniani”.

Seguono brani di conversazione fra Terzaghi e i due Gran Maestri, nel tentativo abortito di ricongiungere le due Obbedienze, che mai si unificarono.

L’Autore è impietoso nel denunciare che l’incipit mussoliniano si avvalse dell’aiuto finanziario delle due Massonerie, finchè “ (...) cominciò poi a montare l’ondata antimassonica che si risolvette nella dichiarazione di incompatibilità tra Fascismo e Massoneria, avvenuta nel marzo 1923 in una adunanza del Gran Consiglio Fascista”. E poi “con lo spettacolo dei propri dissensi, la Massoneria denunciava la propria debolezza, di modo che per Mussolini non rappresentava nulla nel giuoco politico, e tanto meno una forza viva e attiva da potersi contrapporre al colosso del Vaticano”.

La Massoneria italiana fu distrutta dalle squadracce fasciste: incendiate le sedi, gli archivi, i templi. Isolati e dispersi i Massoni. Molti di loro, come il Gran Maestro Torrigiani e Terzaghi stesso, finirono al confino o in prigione o morirono. Sono amare le parole di Terzaghi che ammette di aver sbagliato quasi tutto nei riguardi del Fascismo, illudendosi di poterlo modificare dall’interno. Parole amare come la cenere in cui fu ridotta la Massoneria italiana dalla dittatura fascista.

Ma dopo vent’anni, da quelle ceneri risorse, più divisa e frammentata che mai, tuttavia viva e vitale, come Michele Terzaghi. Di ciò si occupa la parte finale del libro.

Non c’è traccia di polvere nella libreria di corso Vittorio. Ma, nello scomparto nascosto dal pannello ligneo scorrevole, c’è un pizzico di cenere. Che sia di pipa o sigaretta pare improbabile. Forse di un bastoncino di incenso profumato? Ma da quella traccia di cenere emerge questo piccolo libro. Quasi a rappresentare la mitica Araba Fenice, indistruttibile come la Verità, la Libertà, la Conoscenza.

Agostino Turturro

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