Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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ARTICOLI

Libero Pensiero 06/2007

 

UN’ALLEANZA FRA MANGANELLO E ASPERSORIO 

LA CONCILIAZIONE FRA STATO E CHIESA

 

La Conciliazione tra Stato e Chiesa, siglata dal Presidente del Consiglio Mussolini e dal Segretario di Stato Vaticano, cardinale Gasparri, l’undici febbraio 1929, nella sala dei Papi del Palazzo Laterano, rappresentò un indiscutibile punto a proprio favore sia per il fascismo che per la Santa Sede.

Alcuni mesi prima (il 12 aprile 1928), una relazione riservata che aveva per argomento la Conciliazione venne consegnata a Mussolini. In quel documento di Consigliere di Stato, Domenico Barone, elencò i vantaggi che il Regno avrebbe conseguito con tali accordi.

Secondo Barone, infatti, la convivenza a Roma delle due istituzioni (quella statale e quella ecclesiastica) non avrebbe ostacolato l’esercizio né dell’una, né dell’altra, ma avrebbe invece aiutato i due poteri a consolidarsi a vicenda. L’immagine del regime ne sarebbe uscita rinvigorita di fronte alla popolazione, in particolare perchè la riconciliazione con il Papa avrebbe rappresentato per molti cittadini il suggello della conseguita unificazione nazionale (l’eredità storica del Risorgimento fu un tema molto diffuso dalla propaganda mussoliniana fin dai primi anni della sua azione politica).

Inoltre la Conciliazione risultò un ottimo elemento propagandistico anche e sopratutto perchè Mussolini, in quell’occasione, fu presentato sui periodici d’informazione più diffusi come uomo politico dalle indiscutibili qualità. La maggior parte dei lettori cattolici avrebbe accolto con entusiasmo la notizia e avrebbe apprezzato ancor di più Mussolini per aver concesso alla religione cattolica una posizione dominante rispetto alle altre, e per aver offerto al Pontefice un ruolo privilegiato all’interno dello Stato.

Anche se il rapporto tra Vaticano e Governo fascista fu sempre controverso e altalenante a seconda delle circostanze (a causa del monopolio che entrambi volevano instaurare sull’educazione giovanile), non bisogna dimenticare che mediante la Conciliazione Mussolini e Pio XI stipularono un accordo informale di collaborazione.

Questa intesa, attraverso la promozione di valori tradizionali (come la famiglia) abbinati a un nuovo stile di vita fascista, ebbe un duplice obiettivo: da un lato il mantenimento dello statu quo, e dall’altro la ricerca di un maggior consenso tra la popolazione.

Fu fondamentale infatti, per alimentare l’immagine di un’Italia fascista sobria e soddisfatta, il supporto dato dalla moralità e dall’austerità cattolica. Nella fervida battaglia che il regime fascista condusse per l’aumento della natalità, e per dissuadere la popolazione da comportamenti giudicati peccaminosi, non si potè trovare ausilio più efficace di quello dato dalla Chiesa cattolica che, in osservanza delle dottrine del Vangelo, difendeva la famiglia da ogni attacco e insegnava ai fedeli che il fine principale del matrimonio era quello della procreazione e dell’educazione dei figli, conferendo in questo modo un grande aiuto a Mussolini per costruire un’immagine positiva e moralmente sana del Paese.

Dunque attraverso la Conciliazione, la religione cattolica divenne in modo più diretto la religione ufficiale del Regno, e le alte cariche della Santa Sede si inserirono di diritto nel dibattito politico nazionale, partecipando in prima persona alla salvaguardia di quei valori tradizionali che il regime mussoliniano stava promuovendo da qualche tempo.

Pio XI trovò in Mussolini un alleato ideale: attraverso il sodalizio con il capo del fascismo, il Vaticano avrebbe cercato di riguadagnare parte di quel consenso che incominciò a decadere dal 1870 in poi; mentre il Papa, potendo accrescere ulteriormente il suo potere e propagandare un’immagine di sè positiva e vincente, sarebbe tornato ad essere “ufficialmente” la guida spirituale di una intera nazione.

Questa reciproca intesa fu sostenuta dalle principali testate giornalistiche (i quotidiani più diffusi dell’epoca erano “La Stampa” e il “Corriere della Sera”) che negli anni precedenti vennero orientate a favore del fascismo in seguito a una serie di provvedimenti legislativi che da un lato imbavagliavano la stampa antifascista e dall’altro riducevano i giornalisti in altrettanti propagandisti del regime.

Non bisogna dimenticare però che Mussolini, agli albori della sua carriera politica, fu un fervente anticlericale. Negli anni in cui diresse l’“Avanti!” prima, e il “Popolo d’Italia” poi, egli pubblicò frequenti articoli ed editoriali che attaccavano Benedetto XV e l’alto clero. I giudizi pungenti di Mussolini si intensificarono a tal punto che il programma iniziale del Movimento Fascista (pubblicato il 6 giugno 1919 sul “Popolo d’Italia” ed elaborato qualche mese prima nella sede di piazza San Sepolcro a Milano) suggeriva di ridurre le chiese cattoliche in Italia a semplici associazioni private, proponeva la confisca di tutti i beni ecclesiastici per risanare la crisi postbellica, e chiedeva l’abolizione dell’Articolo 1 dello Statuto Albertino, il quale sanciva la religione cattolica quale religione di Stato.

Durante il 1920 Mussolini (anche a causa della pesante sconfitta elettorale subìta nelle elezioni di quell’anno), cominciò a cambiare la propria impostazione politica, e intensificò le relazioni con il patronato conservatore, sempre più preoccupato dall’avanzata dei Partiti di massa alla Camera (sia di quello Socialista che di quello Popolare), e dalle manifestazioni di piazza organizzate dal movimento operaio. L’ala più conservatrice del liberalismo italiano, ritenendo in un primo momento che quello mussoliniano fosse un fenomeno violento ma facilmente controllabile, cominciò ad avvalersi dei “servizi” offerti dalle squadre fasciste per contrastare l’offensiva socialista.

Queste circostanze portarono al progressivo e rapido spostamento di Mussolini verso destra, ed ebbero inevitabilmente ripercussioni anche sul piano dei postulati fascisti di politica ecclesiastica.

Nel giro di pochi mesi Mussolini mutò opinione sul Vaticano, come del resto dichiarò in occasione del primo discorso alla Camera dei Deputati, il 21 giugno 1921: “Affermo qui che la tradizione latina e imperiale di Roma oggi è rappresentata dal cattolicismo” (Mussolini fu eletto il 15 maggio 1921, quando si candidò con i Blocchi nazionali, schieramento nel quale compariva anche Giovanni Giolitti).

Già in occasione di quel discorso Mussolini lasciò presagire quello che avrebbe fatto a pochi mesi di distanza. Infatti una volta conquistato il potere, egli avrebbe avviato le trattative per la Conciliazione esclusivamente con le alte sfere del Vaticano, escludendo i rappresentanti del Partito Popolare, l’ex formazione politica di Romolo Murri, alla quale il suo leader, don Luigi Sturzo, stava dando un’impostazione sempre più riformista, impedendo che le tendenze conservatrici di alcuni dirigenti prendessero il sopravvento.

Nel gennaio 1923, dopo tre mesi alla guida di un governo di coalizione, Mussolini (sfruttando anche i buoni rapporti costruiti dai governi precedenti) volle gettare le basi per la Coalizione: ebbe in quei giorni un primo incontro con il cardinale Gasparri nell’appartamento del senatore Carlo Santucci, a Roma. Santucci mise a disposizione il suo studio privato di Palazzo Guglielmi, in quanto esso poteva avvalersi di una duplice entrata. In questo modo Mussolini e Gasparri avrebbero potuto avviare un dialogo privato in tutta tranquillità, mantenendo occulto il loro incontro.

Durante quel colloquio Mussolini e Gasparri oltre al salvataggio del Banco di Roma (istituto di credito cattolico in difficili condizioni economiche), e alla “questione Sturzo” (nel mese di ottobre 1923 il leader politico siciliano fu invitato dalla Curia a trasferirsi a Londra, potè tornare in Italia solamente nel 1946), palesarono la buona disposizione di entrambi a una definitiva sistemazione delle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Fu scelto come tramite una persona di fiducia, il gesuita Pietro Tacchi-Venturi, il quale da quel momento in poi mantenne una fitta rete di corrispondenze con Mussolini da un lato e con Gasparri dall’altro.

A partire da quell’incontro Mussolini si convinse che la Conciliazione con la Santa Sede sarebbe stata solo più una questione di tempo, e così infatti avvenne. Il Duce cominciò a prestare molta attenzione al problema della riforma legislativa ecclesiastica e pose la questione al Ministro della Giustizia, Oviglio, già nel 1923. Dopo la nomina di Alfredo Rocco a Ministro della Giustizia, venne costituita una Commissione per la riforma ecclesiastica, alla quale parteciparono alcuni esponenti del clero coadiuvati da alcuni laici. La Commissione fu diretta da un ex popolare di destra, Mattei-Gentili.

Malgrado i buoni propositi la situazione ristagnò per alcuni mesi e la Commissione istituita da governo si riunì per la seduta inaugurale solamente il 12 febbraio 1925. Dopo circa un anno di lavoro Mattei-Gentili giunse a conclusioni che non soddisfecero particolarmente né Pio XI, né le gerarchie ecclesiastiche.

La Santa Sede tuttavia sembrò apprezzare notevolmente gli sforzi fatti da Mussolini. Da quel momento il Vaticano cominciò a vedere nel capo del governo un ottimo alleato. Uno Stato dittatoriale, come quello che Mussolini stava costruendo, avrebbe sicuramente coadiuvato la Chiesa cattolica nella sua opera di propaganda, e le avrebbe permesso di prendere parte in modo più o meno diretto alle decisioni politiche.

In seguito il Vaticano comprese che quella offerta da Mussolini non era una legislazione penalizzante, anzi. La sua entrata in vigore avrebbe migliorato la posizione della religione cattolica nel Paese, oltre a fornire al papa e a tutto l’episcopato una serie di privilegi di cui beneficiare sul territorio italiano.

Gli accordi videro la luce nel febbraio 1929 grazie alle relazioni che nacquero tra l’avvocato concistoriale Francesco Pacelli e il Segretario di Stato Domenico Barone tra il mese di agosto del 1926 e l’inizio del 1928. Il testo definitivo, firmato l’undici febbraio 1929, si rifaceva quasi interamente ai lavori che la Commissione Mattei-Gentili aveva elaborato nel 1926.

La Conciliazione sostenne il fascismo nella promozione di un governo vincente e allo stesso tempo conferì al Vaticano un peso rilevante nel dibattito politico. Con essa Mussolini concesse ai rappresentanti della Chiesa una serie di privilegi sancendo la sovranità dello Stato – Città del Vaticano, confermando la religione cattolica religione di Stato, versando l’ingente capitale di 750 milioni di lire e titoli di Stato per un miliardo di lire a “definitiva sistemazione dei rapporti finanziari con l’Italia in dipendenza degli avvenimenti del 1870”.

Con i Patti Lateranensi furono ridotte di gran lunga le già esigue speranze di uno Stato nazionale laico.

Isacco Montenegro

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