Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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ARTICOLI

Libero Pensiero 03/2007

 

DAL GOLPE ALLA MORTE
I RAPPORTI TRA PINOCHET E IL VATICANO

È morto lo scorso 10 dicembre, all’età di 91 anni, Augusto Pinochet, capo del regime militare che governò il Cile dal 1973 al 1990: 17 anni di dittatura in cui si contarono, secondo le stime ufficiali, oltre 3mila desaparecidos, 30mila torturati e mezzo milione di esuli.
Nato a Valparaiso il 25 novembre 1915, Pinochet nel 1933 entrò nella Scuola Militare e trascorse il resto della sua vita nelle Forze Armate: generale di brigata nel 1969, capo di Stato maggiore nel 1972 e comandante in capo dell’esercito dal 23 agosto 1973, nominato dal presidente, democraticamente eletto, Salvator Allende, lo stesso che Pinochet, tre settimane dopo, l’11 settembre, avrebbe destituito con un cruento colpo di Stato.
Nel corso del golpe lo stesso Allende rimase ucciso nel bombardamento della Moneda, il palazzo presidenziale.
Iniziò così una delle dittature più lunghe e violente dell’America Latina: dopo aver preso il potere con la forza, Pinochet nel 1974 si fece eleggere presidente della Repubblica (mandato rinnovato nel 1981) e guidò il Paese per 17 anni, grazie anche al sostegno degli USA e del mondo economico-finanziario - che ne sostenevano il programma neoliberista ispirato dai “Chicago boys” di Milton Friedman - e di pezzi consistenti della Chiesa cattolica.
I rapporti di Pinochet con le gerarchie della Chiesa cattolica, almeno con una parte esse, furono abbastanza conflittuali all’inizio - quando era arcivescovo di Santiago il card. Raul Silva Enriquez - e decisamente collaborativi poi, - dopo l’arrivo nella capitale cilena, nel 1977, di mons. Angelo Sodano come Nunzio apostolico (incarico che ricoprirà fino al 1988, per diventare poi Segretario di Stato vaticano, fino al settembre 2006) e dall’elezione al soglio pontificio, nei 1978, di Giovanni Paolo II.
Dopo qualche incertezza il card, Silva Enriquez divenne uno dei più decisi oppositori del regime militare: diede vita, insieme alle altre confessioni cristiane, al “Comitato di cooperazione per la pace in Cile”, sciolto nel 1975 su ordine di Pinochet e sostituito dalla “Vicaria de la Solidaridad!”, piccola struttura diocesana che garantiva assistenza sociale e legale alle vittime della dittatura. Con Silva Enriquez, l’arcidiocesi di Santiago si trasformò in un importante punto di riferimento per tutti gli oppositori di Pinochet: si faceva “controinformazione” su quanto accadeva nel Paese, le famiglie potevano avere assistenza legale e notizie sui desaparecidos, si organizzavano le mense popolari e la distribuzione di generi alimentari per le borgate popolari della città.
Con l’arrivo di Sodano alla Nunziatura, nel 1977, le relazioni fra regime militare e Chiesa si fecero meno tese e proseguirono sulla via della pacificazione prima e della collaborazione poi: se la Chiesa di base continuò ad essere fortemente ostile, il nunzio preferì scegliere la via del dialogo, difendendo la Chiesa-istituzione più che l’incolumità delle vittime della dittatura e barcamenandosi fra qualche moderata protesta per singoli crimini del regime (come i sequestri di alcuni sacerdoti antipinochettisti o la richiesta di espatrio per i militanti del Mir che si erano rifugiati nel palazzo della Nunziatura) e inviti alla pacificazione. E lo aiutarono su questa via sia le dimissioni del card. Silva Enriquez per raggiunti limiti di età nel 1983 (sostituito dal più moderato mons. Juan Francisco Fresno Larrain) sia il primo messaggio pubblico di papa Wojtyla, sempre nel 1983 in occasione dell’arresto di preti antipinochettisti, che invitava a trovare le strade per una convivenza pacifica.
La strategia della “distensione” di Sodano culminò nell’aprile 1987 quando, anche con l’aiuto di diversi membri dell’Opus Dei che ricoprivano posizioni importanti nel governo cileno organizzò il viaggio di Giovanni Paolo II in Cile: una “visita pastorale” che si concluse con l’apparizione - ripresa da tutte le televisioni e i giornali del mondo - di papa Wojtyla e del dittatore Pinochet che, insieme, affacciati al balcone della Moneda, salutano e benedicono la folla. La calorosa legittimazione del regime pinochettista da parte del papa provocò dure reazioni, anche in una parte consistente del mondo cattolico, fortemente critico nei confronti della dittatura cilena e dell’alleanza militari-Chiesa.
Subito dopo la partenza di Sodano, nell’ottobre 1988 Pinochet fu sconfitto dal voto popolare nel referendum per conferire un nuovo mandato presidenziale al generale golpista. Le elezioni politiche si svolsero l’anno successivo e, l’il marzo 1990, il generale lasciò la presidenza del Paese al suo successore Patricio Aylwin, conservando però sia la carica di Comandante in capo delle Forze armate, sia quella di senatore a vita.
Perso il potere, tuttavia, il 18 febbraio 1993 (giorno della sue “nozze d’oro”) Pinochet ricevette due affettuosi messaggi di auguri da parte del segretario di Stato vaticano Sodano, e di Giovanni Paolo II. “Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno dì abbondanti grazie divine - scriveva il papa – con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale”. Ancora più caloroso il messaggio di Sodano in cui scrive di aver ricevuto dal pontefice “il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l’autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza”; “Sua Santità - aggiunge - conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile”. E conclude confermando all’ex dittatore “l’espressione della mia più alta e distinta considerazione”.
La coppia Wojtyla-Sodano non abbandonò il generale nemmeno cinque anni dopo, quando Pinochet venne arrestato, mentre si trovava in Gran Bretagna per motivi di salute, su mandato del giudice spagnolo Baltasar Garzon, che lo accusava di violazioni di diritti umani nei confronti di diversi cittadini spagnoli durante gli anni della dittatura: prima fecero pressioni sulla Camera dei Lords affinché non venisse concessa l’estradizione in Spagna di Pinochet,, poi rassicurarono il nuovo presidente cileno, Eduardo Frei - durante la visita papale in Cile nel febbraio 2000 -, che il Vaticano si sarebbe impegnato a fondo per la liberazione di Pinochet; “è nostro desiderio - puntualizzò Sodano - e facciamo voti che questa odissea abbia termine quanto”prima”, perché l’ex dittatore ha diritto di tornare nel suo Paese. Intanto in Cile, criticando il governo che si era costituito parte civile nel processo contro Pinochet, i vescovi fecero un appello pubblico alla “riconciliazione e al perdono”, auspicando per il generale un rapido ritorno a casa che “gli renda più tollerabile il suo delicato stato di salute”.
Pinochet rientrò in Cile nel marzo 2002 e dovette affrontare vari processi per i crimini, anche di carattere finanziario, commessi durante gli anni della dittatura. Ma prima delle sentenze dei tribunali è sopraggiunta la morte.

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